Adolescenti, alcol,
droga e web. Alto
rischio per le dipendenze

di Silvana Salvadori
I relatori  davanti al pubblico di 1200  studenti bresciani   FOTOLIVEL’assessore Morelli con la presidente dell’associazione Idea Frerotti
I relatori davanti al pubblico di 1200 studenti bresciani FOTOLIVEL’assessore Morelli con la presidente dell’associazione Idea Frerotti
I relatori  davanti al pubblico di 1200  studenti bresciani   FOTOLIVEL’assessore Morelli con la presidente dell’associazione Idea Frerotti
I relatori davanti al pubblico di 1200 studenti bresciani FOTOLIVEL’assessore Morelli con la presidente dell’associazione Idea Frerotti

Una sigaretta in pausa, un litro di birra con gli amici, una partita al videogioco online per divertirsi in una serata senza impegni. Sostanze e comportamenti socialmente accettati, piacevoli, ma che possono creare dipendenza se male amministrati. Normalmente è il nostro cervello a intervenire in modo fisiologico e a tenere sotto controllo il livello di dopamina scatenato dal piacere che ci procura il «cadere in tentazione». Ma l’abuso di queste sostanze, o l’utilizzo di quelle illegali, «ci consente di bypassare i nostri controlli naturali e di cadere nella patologia. Si diventa dipendenti con rischi mortali per il nostro organismo». A SPIEGARLO è Cesare Turrina, professore associato della Clinica neuropsichiatrica dell’Università degli Studi di Brescia, durante l’incontro che ieri mattina l’associazione Idea ha organizzato al Gran Teatro Morato. In platea circa milleduecento studenti degli istituti superiori hanno ascoltato per due ore medici, esperti e testimonianze sul mondo della droga giovanile. Nell’occasione è stato presentato anche l’opuscolo «Il tuo cervello è prezioso! Non aggredirlo con le droghe», creato dall’associazione Idea guidata da Teresita Frerotti, con il contributo scientifico del professor emerito di Farmacologia e Neuroscienze dell’Università Pierfranco Spano scomparso l’anno scorso. Sul palco non si sono risparmiate spiegazioni particolareggiate dei danni causati dalla dipendenza, quella dalla droga in particolare ma anche alcol e internet, e testimonianze di chi ha vissuto sulla propria pelle l’inferno che può causare. Sono pochissimi, solo il 2 per cento, gli adolescenti che si rivolgono ai servizi per le dipendenze offerti dall’Ats di Brescia, eppure un giovane su tre ha fatto uso, almeno una volta, di cannabis o droghe sintetiche. «È dimostrato – ha proseguito Turrina - che un’eccessiva stimolazione delle aree uditive causate dalle droghe comporta allucinazioni acustiche fino al delirio». Turrina non usa mezzi termini e ai ragazzi in sala parla chiaramente: «Le sostanze più pesanti hanno l’effetto di provocare la follia nei soggetti predisposti. Nei reparti di Psichiatria sono ricoverate più persone che sono impazzite per l’uso di droghe che per schizofrenia vera e propria. Il rapporto è di tre a due». Paola La Boria, neuropsichiatra infantile all’ospedale Civile di Brescia, ha affrontato con i ragazzi un’altra dipendenza, socialmente meno stigmatizzata e per questo ancora più insidiosa: quella dalle tecnologie. «Siamo circondati da ogni tipo di nuova tecnologia, abbiamo migliaia di amici virtuali, eppure i ragazzi che abbiamo avuto in cura hanno dichiarato di sentirsi molto soli. Oggi dovremmo chiederci se gli adolescenti sono naviganti della Rete o se sono dei naufraghi solitari. Internet è una risorsa che può aiutarvi, ma le tecnodipendenze seguono lo stesso percorso di una dipendenza da sostanze stupefacenti, quindi non sono da sottovalutare». GLI APPLAUSI più spontanei della platea sono arrivati quando si è usciti dall’area clinica per passare alle testimonianze dirette sul mondo della droga. Ne ha parlato l’operatrice del Sert Vilma Portale che ai ragazzi ha teso una mano: «Un figlio che si fuma una canna è spesso il capro espiatorio di un disagio famigliare. Magari i genitori si insultano dalla mattina alla sera, ma sotto torchio si mette soltanto il figlio che si è fatto beccare con lo spinello. È bene, invece, porre sotto la lente di ingrandimento tutta la famiglia». Per catturare l’attenzione degli studenti in sala, però, ha funzionato soprattutto trovare dei testimonial che parlassero la loro lingua. Così hanno fatto Giorgia Benusiglio, Gianpietro Ghidini e Giovanni Mazzi, catturando attenzione ed entusiasmo. Giorgia aveva 17 anni quando mezza pastiglia di ecstasi le ha provocato un’epatite tossica fulminante portandola in punto di morte. «Mi hanno trapiantato il fegato due volte e due volte mi hanno dato l’estrema unzione. Ho passato lunghi mesi in ospedale, da sola. Sono arrivata a pesare 22 chili, ho dovuto fare qualunque tipo di riabilitazione e dire addio per sempre alla danza» ha raccontato. «Non sono nessuno per dirvi cosa fare e sono convinta che il proibizionismo fine a se stesso non sia mai servito a niente. Ma vi chiedo di ricordarvi di me quando un amico vi proporrà una pastiglia. Ero una ragazza normale in cerca di un divertimento effimero, adesso sono una paziente a vita e sono viva soltanto perché qualcuno è morto al posto mio». Anche Gianpietro Ghidini ha avuto a che fare con la morte, ma quella del proprio figlio Emanuele, che cinque anni fa si gettò nel Chiese sotto effetto di un delirio provocato dalle droghe. «La scelta dipende da voi, nessuno vi obbliga a fare nulla, ma accadrà presto che questo mondo vi infilerà nella testa l’idea che siete sfortunati se non arrivate in cima, se non siete più bravi degli altri. Se vi fumate le canne, la darete vinta a chi vi vuole zitti in un angolino». Giovanni Mazzi, educatore nella Fondazione Exodus creata da don Antonio Mazzi, ha fornito ai ragazzi uno strumento per intervenire in tempo: «Siate amici veri di chi fa uso di sostanze, trovate il modo per coinvolgere un adulto, solo così potrete aiutarlo a cambiare il suo destino». •

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