L'EMERGENZA

Crisi idrica, al castello di Ludriano il fossato resta a secco

di Massimiliano Magli
La gestione dell'acqua nella zona prosciuga un'area amatissima. L'allarme degli agricoltori
Il fossato di Ludriano prima e dopo la crisi idrica
Il fossato di Ludriano prima e dopo la crisi idrica
Il fossato di Ludriano prima e dopo la crisi idrica
Il fossato di Ludriano prima e dopo la crisi idrica

Non c'è pace per il castello di Ludriano, meglio noto come Villa Suardi. Il 3 gennaio del 2022 era crollata la torre campanaria storica, in piena fase di ristrutturazione e messa in sicurezza. E ora, mentre sono in corso i lavori di restauro della chiesetta, significativamente sfregiata dal crollo, si registra un triste precedente per il fossato che circonda tutta la tenuta a cui il paese è legatissimo.

Privilegiati altri corsi d'acqua

Oltre alla scomparsa del simbolo turrito, infatti, da alcuni giorni è scomparsa anche l'acqua dal fossato che la circonda. Un colpo al cuore per la comunità che vede scomparire, per quanto provvisoriamente, un altro simbolo. La gestione delle acque nella zona ha infatti sacrificato quest'area per diversi giorni privilegiando altri corsi d'acqua, senza allagare questo bellissimo fossato che, privo di acqua, non ha alcun senso.

«Una politica miope che non sa come muoversi»

Gli agricoltori della zona sono inviperiti con la gestione delle acque in corso. Proprio a Ludriano diversi imprenditori agricoli tuonano: «Inaugurano bacini come quello di Castrezzato – spiega Abele Polenghi, memoria storica e intellettuale del mondo agricolo locale -, con costi che sfiorano il milione di euro. E questo per cosa? Per 150 mila metri cubi di acqua abbiamo l'equivalente di sei ore di acqua della roggia Travagliata: ma di cosa stiamo parlando? Quanto accade al fossato del castello è frutto di una politica miope che parla di tutela del territorio ma che nei fatti non sa come muoversi».

«Andrebbe ripristinata la tecnica delle marcite»

Diversi agricoltori a Roccafranca e a Ludriano concordano con Polenghi: «Anche durante la stagione non coltiva – spiega un gruppo di allevatori di Roccafranca – andrebbe fatta girare l'acqua sui terreni ripristinando la tecnica delle marcite come si faceva un tempo. Con questo sistema si riempiono le falde nei periodo autunnali e invernali e in primavera e in estate le risorgive ributtano così che anche le rogge possano beneficiarne». Il consiglio, insomma, è quello di non ributtare l'acqua nell'Oglio ma di lasciarla correre non solo nelle rogge ma anche sui terreni. Certamente nel senso contrario di questa teoria sta andando la preoccupante cementificazione di molti canali del reticolo minore che nulla lasciano alle falde.

Pierluigi Bellini, proprietario del castello insieme al fratello Sergio, ha da qualche mese iniziato anche una rivoluzione sul verde del parco, con opera di manutenzione straordinaria e affronta il tema in modo resiliente: «È proprio una iattura questa siccità, speriamo si avveri quello che raccomandano certi agricoltori. Noi approfittiamo per qualche piccolo lavoro di sistemazione; prossimamente organizzeremo un incontro con la stampa per presentare le opere svolte: non siamo Pompei, ma le acque le abbiamo smosse davvero anche dopo il crollo e speriamo si smuovano anche le acque vere».•.

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