capitale della cultura 2023

Ambra Angiolini, Fabio Volo e la loro Brescia: «Questa città è un orgoglio»

di Redazione web
La prima, bresciana adottiva e il secondo nato da padre bresciano e madre bergamasca, raccontano sulle pagine di Bresciaoggi il loro sentimento nei confronti della città.
Ambra Angiolini e Fabio Volo:  due artisti legatissimi a Brescia
Ambra Angiolini e Fabio Volo: due artisti legatissimi a Brescia
Ambra Angiolini e Fabio Volo:  due artisti legatissimi a Brescia
Ambra Angiolini e Fabio Volo: due artisti legatissimi a Brescia

Insieme hanno recitato in più di un film, a unirli oggi anche il senso di appartenenza, «l’orgoglio» di una città che si scopre nel 2023 Capitale della Cultura. Ambra Angiolini, bresciana adottiva, sabato condurrà il galà-concerto: tre anni fa diede vita con il Comune ad un fondo per le famiglie in difficoltà durante la pandemia, progetto poi raccontato in un testo che ora è sulle pagine di Bresciaoggi. Qui anche la felicità di Fabio Volo, attore che incarna l’unione fra Brescia e Bergamo. «Padre bresciano, madre bergamasca: se i popoli si unissero, conquisteremmo l’Italia».  

Fabio Volo, un talento "di confine"

«A farmi nascere fu il dottor Figheira: da non crederci, ma un giorno il figlio mi ha telefonato in diretta alla radio per ricordarmi che suo papà aveva aiutato mia mamma a partorire... A 3 mesi già abitavo a Brescia, ma ho anche parenti bergamaschi». Se parla di luoghi del cuore, Fabio traccia una mappa del cuore della Leonessa: «Amo la Maddalena, vado sempre volentieri a mangiare il pollo ai ferri dalla Monica alle Cavrelle, a volte salgo con le mie bambine. E sono un gnaro cresciuto in centro, vicino a piazza Duomo, a San Faustino».

Cosa unisce bresciani e bergamaschi? «Siamo tipi pratici. E ironici. Ci diamo da fare. Io non mi ritengo una persona talentuosa, ma tutto quello che faccio nasce dalla curiosità e sì, dalla voglia di lavorare sodo su quello che mi piace. Poi noi sappiamo fare squadra». Così è accaduto allo scoppio della pandemia da Coronavirus, tre anni fa: allora Ambra Angiolini, bresciana adottiva e conduttrice del galà-concerto di sabato per l'inaugurazione dell'anno Capitale, lanciò SoStieni Brescia insieme all'Amministrazione comunale per raccogliere fondi da devolvere alle famiglie in difficoltà. Aderì anche Fabio Volo, che con Ambra ha recitato al cinema ed era ben felice «di poter aiutare persone travolte da un'emergenza senza precedenti.

Di amici a Brescia ne ho tanti: penso a Omar Pedrini, a Francesco Renga che posso dire di aver battuto perché io ho sposato Ambra più di lui, ben due volte a zero nei film! Vedo spesso Ambra perché lavoriamo vicini in radio, io a Deejay e lei a Capital. Abbiamo condiviso un progetto che dimostra, ancora una volta, quanto l'unione possa fare la forza da queste parti».

Ambra: "Ho vissuto 17 anni a Brescia e me ne vanto"

Attrice, conduttrice, scrittrice, cantante e bresciana d'adozione: Ambra Angiolini ha ricevuto la medaglia d'oro al Premio Bulloni 2020 per aver ideato il progetto SOStieniBrescia in aiuto delle famiglie in difficoltà durante la pandemia; un'iniziativa promossa insieme al Comune, che ha voluto affidarle la conduzione del galà-concerto di sabato. Ambra ha accettato con entusiasmo, onorata all'idea di ribadire il suo legame con Brescia. In un  testo del 2021 pubblicato su Bresciaoggi, Ambra racconta l'esperienza vissuta in quei giorni in una città che sente profondamente sua.

«Ho vissuto 17 anni a Brescia. E me ne vanto. Quando sono serena, mi fanno notare che ho adottato proverbi che rispecchiamo il tessuto di questa città, tipo «Braghe ònte, palanche prònte» (le persone che lavorano hanno i pantaloni sporchi e sempre soldi in tasca). Ridono. Come rido io quando sento gli amici bresciani provare a parlare romanesco per compiacermi».

IL TESTO DI AMBRA ANGIOLINI

LA CONDIZIONE COVID19IN SOGGETTIVA(come poter raccontare i fatti restando a un metro dalle persone)

Sono romana. E me ne vanto. Quando m'incavolo o il mio cuore scoppia di felicità, io con orgoglio esclamo «Eddaje!», seguito da aggettivi o epiteti che variano in base alla circostanza o alla persona che ho di fronte. Ho vissuto 17 anni a Brescia. E me ne vanto.Quando sono serena, mi fanno notare che ho adottato proverbi che rispecchiamo il tessuto di questa città, tipo «Braghe ònte, palanche prònte» (le persone che lavorano hanno i pantaloni sporchi e sempre soldi in tasca). Ridono. Come rido io quando sento gli amici bresciani provare a parlare romanesco per compiacermi.

Nel marzo del 2020, quando scoppia la pandemia, devo decidere cosa fare. Restare a casa, ok, ma qual è «casa» in questa situazione senza precedenti? Mi metto a pensare in italiano ed ecco che arriva la soluzione: «casa» sarà il luogo che mi permetterà di raggiungere più velocemente le persone che sento più vicine e bisognose di aiuto.Le guerre hanno bisogno di soldati, non solo di capi. Resto a Brescia e inizio a chiamare tutti, senza sosta. Il numero dei morti ogni sera è l'unico dolore vivo, il resto devo trasformarlo in numeri curativi. Quindi propongo ad un amico che organizza eventi qui a Brescia di chiamare il Comune. La risposta arriva 10 minuti dopo. Parliamo dell'idea di creare un fondo per curare l'emergenza delle famiglie crollate sotto il livello della povertà. Dopo 20 minuti ci siamo: abbiamo il conto corrente.

Chiediamo uno sconto sulla burocrazia per sbloccare i soldi appena raccolti, 3 milioni di euro, e dopo 2 giorni siamo attivi sul territorio. Non contenta - perché sono «bresciomana» - chiedo di poter far parte del Comitato dei Garanti, non per sfiducia ma per poter comunicare a chi mi ha affidato i propri risparmi ciò che stiamo facendo nella più assoluta trasparenza. Dopo 5 giorni arriva la comunicazione ufficiale sul mio reclutamento da parte del sindaco.Faccio ancora un tentativo sul territorio: voglio verificare cosa comporta diventare «Volontario temporaneo» della Croce Rossa. Scrivo la mail, faccio tutta la trafila, rispondo e compilo questionari. Invio. Quattro giorni dopo vengo chiamata dalla responsabile del mio settore di Brescia: mi chiede di fare un corso online che mettono a disposizione per motivi di sicurezza personale. Due giorni dopo inizia l'avventura. Dalle 18 alle 20 vado a casa della gente e leggo, attraverso le mascherine, un sorriso libero e gratuito...

Dopo 7 giorni ho nella borsa 50 grazie che prima non c'erano.Vado al supermercato e mentre sono in coda noto che tutti i miei concittadini, dopo il rito del disinfettante e dei guanti, prendono una busta in più. La busta serve a fare la spesa per gli altri, quelli che fino all'8 marzo erano dei semplici «intralci» nella frenetica e ristretta vita pre-Covid 19. Ora invece gli altri esistono anche se non li vediamo, al punto che la mia cassiera, amica fedele dell'unico momento di socializzazione che amo anche se devo pagare, s'interessa veramente di quello che compro. E mi dice, sorprendendosi: «Che strana spesa solidale che hai fatto! Polenta e guanciale insieme, non li avevo mai visti...». E ride.

Dura almeno 20 bellissimi secondi la nostra risata. Ve l'avevo detto che sono «bresciomana»: guanciale-e-polenta l'ho inventato io (un po' carbonara e un po' taragna, perché no?).I numeri non devono essere solo quelli, importantissimi certo, della Protezione Civile. La vita di quelli che restano possiamo tradurla anche noi in numeri straordinari, per il bene di chi ha più bisogno. Diamoli questi numeri. Quando li diamo e alle intenzioni seguono i fatti, come usa da queste parti... i risultati arrivano..

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