LA DECISIONE

«Anche se è prete va registrato come padre della bimba»

di Paolo Cittadini
Sacerdote 47enne condannato in sede civile al risarcimento: non aveva mai negato di essere il papà della piccola, ma non aveva voluto riconoscerla
Il sacerdote nel 2017 ha ammesso  la paternità anche ai propri superiori
Il sacerdote nel 2017 ha ammesso la paternità anche ai propri superiori
Il sacerdote nel 2017 ha ammesso  la paternità anche ai propri superiori
Il sacerdote nel 2017 ha ammesso la paternità anche ai propri superiori

Per il gip che, nel luglio di due anni fa, aveva accolto la richiesta di archiviazione avanzata dalla procura di Verona, non poteva essere «costretto» ad essere padre in quanto sacerdote.

La bimba nata a Brescia a inizio 2017

Una valutazione che però la Sezione civile dello stesso tribunale scaligero ha ribaltato condannando il religioso al riconoscimento coattivo della bambina nata dalla relazione tra il religioso, 47enne e che ora esercita il sacerdozio in Friuli dove era stato trasferito dal comune provincia di veronese in cui era parroco, e una donna di un paio di anni più giovane e residente sul Garda con cui aveva avuto una relazione (sentimentale, ma non solo) dalla quale era nata una bambina venuta alla luce a Brescia all’inizio del 2017.

Secondo il tribunale civile, a cui la donna si era rivolta, infatti prima della condizione di religioso del parroco viene l’interesse per il bene del soggetto «più debole», la minore. Da qui la decisione di condannare il sacerdote al riconoscimento della figlia, con ovviamente la registrazione all’anagrafe, oltre al versamento alla donna, di origine straniera e assistita dall’avvocato bresciano Corrado Voltolini, di circa 10 mila euro parte dei quali considerati come arretrati per il mantenimento.

Il parroco non aveva negato, ma non aveva voluto riconoscerla

La storia amorosa tra il parroco e la donna era iniziata nel 2015 in un Comune sulla sponda veronese del lago di Garda. Il rapporto sentimentale era durato un paio di anni e all'inizio del 2017, a Brescia, era nata la bambina. Il parroco non aveva mai negato di essere il padre biologico della piccola ( anche l’esame del Dna aveva confermato la paternità), ma non aveva mai voluto riconoscerlo nonostante, come ha sostenuto la madre sia nel corso della causa penale che in quella civile che si è conclusa nelle scorse ore, avesse promesso alla donna di volere crescere con lei la bimba.

Dopo cinque settimane, così ha spiegato ai giudici la quarantenne, il sacerdote le avrebbe «abbandonate» pur versando mensilmente una somma economica come «alimenti». Il sacerdote nel 2017, all’indomani della nascita della piccola, aveva confessato il «segreto» ai propri superiori che dopo «un percorso di presa di coscienza e auto esame» lo avevano autorizzato a proseguire nel suo ministero limitandosi a trasferirlo dalla provincia di Verona.

La madre della bimba, quindi, si era rivolta ai carabinieri sporgendo querela conto il «prete papà» che era stato iscritto nel registro degli indagati per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare. Il pm Valeria Ardito, al termine delle indagini preliminari aveva chiesto l’archiviazione per il sacerdote il gip Paola Vacca l’aveva accolta. Ora è arrivata la decisione della magistratura civile che riaprirà la vicenda.•.

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