Bettoni: «Ecco quello che avrei
detto alla festa del centenario»

di Franco Bettoni

Egregio direttore, grazie per lo spazio che cortesemente mi dedica. Avrei preferito scrivere questo testo come testimone dei miei trenta anni di presidenza nel libro recentemente pubblicato dalla Confagricoltura di Brescia, ma non me ne è stata data la possibilità e nemmeno sono stato invitato personalmente alla festa del centenario. Ma nessuna polemica, ognuno è libero e risponde delle azioni che fa.

Per una organizzazione sindacale compiere 100 anni rappresenta un traguardo di portata storica e, come tale, va sottolineato con grande rispetto ed apprezzamento. Avendola poi presieduta con grande entusiasmo, passione e sano orgoglio, assume per me un aspetto empatico del tutto particolare e non solo intimistico. È stato un po’ come avere una seconda famiglia. Anni vissuti intensamente, mai banali, mai succedanei, né scontati, né datati, né secondari, ma concentrati, intensi, sempre proiettati a tutelare, difendere le legittime aspettative, attese e rivendicazioni economiche, sindacali e di politica agricola delle migliaia di famiglie e di aziende associate. Anni durante i quali l’Unione Agricoltori di Brescia è stata sempre in prima fila all’interno di Confagricoltura e non solo per sostenere i valori e gli ideali che erano alla base del proprio operare e del proprio agire: libertà di impresa, di intraprendere, ruolo strategico nell’economia agricola dell’imprenditore agricolo, dell’impresa diretta coltivatrice, dell’affittuario, ma anche della proprietà fondiaria. Bruxelles, Brennero, Montecitorio, persino Atene, sono stati gli epigoni di epiche battaglie sindacali che ci hanno portato su piazze, strade, autostrade, teatri, a bloccare fiere (Bologna, Vicenza, Cremona), mercati, ad assalire vagoni ferroviari carichi di bestiame bovino o camion zeppi di uova, pollame, suini dalla provenienza incerta e certe volte fraudolenta, o tir pieni di formaggi fatti con latte in polvere o cagliato, prodotti tutti che facevano concorrenza sleale ai nostri che nel corso degli anni continuavano a migliorare sempre di più in termini qualitativi e di sicurezza alimentare, tali da diventare fra i migliori al mondo. Primi, fra tutti, a promuovere i nostri prodotti tipici, formaggi, vini, salumi, carni, sui mercati europei e mondiali. Molto prima che arrivassero gli attuali attori: chef, master chef, slow food o temporary food e chi più ne ha più ne metta. Con l’attività svolta, congiuntamente ai componenti i vari Consigli e con la collaborazione dei Dirigenti, l’Unione raggiunse il livello massimo di capacità organizzativa ed una situazione patrimoniale di solidità economica e finanziaria di assoluta tranquillità e di consistenza. E poi, eravamo «i padroni» della piazza, sindacalmente parlando.

UNA ORGANIZZAZIONE che accoglieva nella propria sede i vari ministri che si avvicendavano al Dicastero dell’Agricoltura per dibattere sui principali temi dell’agricoltura, per condividere le strategie e le scelte da realizzare; che sedeva ai tavoli provinciali, regionali e nazionali, da protagonista e non da comprimario. Abbiamo sempre cercato di tenere alti i valori che i nostri predecessori ci hanno trasferito e che noi abbiamo imparato a rispettare, condividere e fatti nostri. Grandi uomini del nostro straordinario passato, bonificatori, fondatori di cooperative di trasformazione, di enti di miglioramento, di grandi cantine, allevatori innovatori, organizzatori. Grandi imprenditori agricoli che hanno posto le basi per l’attuale grande agricoltura bresciana che si può fregiare a pieno titolo di essere fra le migliori d’Europa. Come Upa ne rivendichiamo il ruolo primario svolto. Siamo cresciuti, sotto il profilo sindacale, con l’esempio davanti a noi di un nostro grande presidente, un grande uomo: Domenico Bianchi. Di lui serbiamo un ricordo indelebile, un nostro maestro indimenticabile.

Nostalgia? No. Storie vere di battaglie sindacali, scevre da luoghi comuni, vissute con un grande spirito di carica sindacale e di attaccamento alla propria organizzazione, considerata come la nostra seconda casa. Una grande casa, intesa come una campana di vetro dove la trasparenza, il merito, la democrazia sindacale, il rispetto, la coerenza, la partecipazione e la condivisione hanno sempre rappresentato il nostro «mantra», la nostra filosofia, la nostra strategia. Il sindacato, lo sanno bene i veri sindacalisti, si basa su regole fondamentali: la prima è «coerenza» e noi di questa ne abbiamo fatto il nostro idioma. Ci siamo confrontati bruscamente con ministri ed alti personaggi della politica e delle istituzioni pur di essere coerenti con i principi che i nostri padri fondatori ci hanno insegnato. Rispetto: sì, quello che avevamo noi verso i nostri «competitors», ma anche quello che avevano loro verso di noi. Non sottomissione. Schiena sempre diritta e lo sguardo sempre rivolto al domani. Perché volevamo sentirci sindacato, classe di agricoltori, di imprenditori agricoli non importa di quali prodotti o di quale categoria agricola, ma uniti e coesi sotto una grande e storica bandiera, quella del sindacato agricolo dell’Unione Agricoltori di Brescia. Quello per il quale valeva la pena di fare qualche levataccia e sorbirsi ore e ore di pullman o di auto o magari rischiare di prendere qualche più o meno involontaria manganellata, perché si credeva in ciò che si andava a fare, c’era condivisione e consapevolezza che si andava a manifestare per una causa giusta e concreta. Perché ci si sentiva in una famiglia, unita, solidale, con valori altrettanto sentiti, interiorizzati e fatti propri. Il mondo è cambiato e sta cambiando, anche gli uomini, le persone cambiano. Oggi più di ieri, dobbiamo pensare agli anziani, ma soprattutto ai giovani. Anche le organizzazioni sindacali dovranno cambiare, rigenerarsi. La fase recessiva e deflattiva durerà ancora molto, i prezzi delle derrate agricole avranno sempre maggior concorrenza con l’emergere di nuovi Paesi e di nuovi prodotti, o di nuove esigenze dei consumatori. La riduzione dei costi diventa essenziale per stare sul mercato ed essere competitivi. Le risorse europee si stanno sempre più assottigliando.

TUTTO QUESTO induce a fare profonde riflessioni sul futuro del sindacato con le aziende che dovranno puntare su crescita e sviluppo di nuove tecnologie, sull’innovazione e soprattutto su robusti processi di digitalizzazione.

L’augurio che mi sento di fare per i prossimi anni, forte e sentito, è che i futuri dirigenti della «centenaria» Unione Agricoltori, oggi Confagricoltura Brescia, sappiano sempre interpretare, capire e cogliere le esigenze dei propri associati, specialmente dei più giovani, per riuscire a traguardarli verso obiettivi di efficienza, competitività e modernità, coniugando i valori della tradizione sindacale, agraria ed imprenditoriale della propria associazione, con un sano entusiasmo, passione e forte senso di appartenenza sindacale. Un ringraziamento speciale a tutti i dipendenti, dirigenti, funzionari, collaboratori, alle istituzioni, associazioni di categoria, alla stampa, agli enti pubblici e privati, che ci hanno aiutato in questi trent’anni di intensa, vivida e fertile attività, fatta comunque nell’interesse superiore dell’intera comunità bresciana.

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