Gli hacker che hanno attaccato la Loggia hanno chiesto un riscatto in bitcoin. Ma cos'è un hacker? E un bitcoin? Il termine hacker deriva dall'inglese «to hack»: tagliare, fare a pezzi. Detto brutalmente, è gente dalle raffinate competenze informatiche che sfrutta il proprio sapere per entrare abusivamente in un sistema informatico, in genere sfruttando la rete, al fine di recuperare o utilizzare dati in essa contenuti. Nel caso dell'attacco alla Loggia, la finalità era recuperare una mole di dati e chiederne il riscatto. In bitcoin. Ovvero una criptovaluta (una rappresentazione digitale del valore basata sulla crittografia) nonché un sistema di pagamento mondiale introdotto a partire dal 2009. Ogni bitcoin ha un controvalore in denaro. Ad oggi, ad esempio, ogni singola unità vale poco più di 46 mila euro.
I bitcoin si scambiano come azioni di borsa ma a differenza della borsa, dove esiste un'acquirente e l'affare si fa tra persone fisiche, con un mercato fortemente regolamentato, il bitcoin, al contrario, è un asset finanziario ancora non completamente regolamentato. In potenza è completamente anonimo e quindi sfugge a tutte le possibili norme di regolamentazione. Ecco perché lo richiedono i criminali del web. Una volta ricevuto il pagamento in bitcoin, con un'apposita password si può sbloccare il valore e trasferire il denaro direttamente su un conto corrente restando nell'anonimato.
Quando si parla di attacchi informatici ci si riferisce poi a una particolare deviazione del web: il dark web. «Esiste un internet aperto a tutti, protocollato, sicuro, dove tutti bene o male vengono individuati e le informazioni passano in modo trasparente - spiega il comandante della Polizia Postale di Brescia, Alberto Colosio -. Nel momento in cui accedo lascio l'indirizzo ip, che è la mia impronta digitale». Il dark web (che fa parte del deep web, il «web profondo» non indicizzato dai motori di ricerca) invece è una serie di reti oscure che si raggiungono attraverso particolari software: «Quando accedo a questo software non entro in modo diretto, ma passo da un server nascosto che impedisce di localizzare la mia posizione. È come se il segnale fosse rimbalzato in tutto il mondo rendendo più difficile anche il lavoro di indagine». L'attività della Polizia Postale è appunto monitorare il deep web per far emergere le persone che vi navigano. A. Arm.