Brescia svuota le culle mancano 5 mila bebè

di William Geroldi

Non concede tregua il calo delle nascite. Ogni anno, da tempo, va sempre peggio se si considera che in quindici anni i neonati sono diminuiti di circa 5mila unità. Nel 2008 la natalità nella nostra provincia ha raggiunto la vetta più alta dall’inizio del millennio con 13.636 nascite; poi il lento, costante, inarrestabile declino. Nel 2021 sotto quota 9mila, altra soglia psicologica, e l’anno scorso l’ennesimo record negativo: 8.680 neonati, valore (ufficioso) comunicato dall’Istat. É l’ennesimo segnale di una concatenazione pericolosa che emerge dalla crisi demografica: le proiezioni sul medio e lungo termine annunciano una forte riduzione della popolazione italiana, che dovrà fare i conti con una sempre maggiore percentuale di anziani da una parte e nello stesso tempo assistere alla progressiva contrazione di quella fascia anagrafica di età compresa tra 45 e 55 anni che costituisce il nerbo del sistema occupazionale, senza il quale l’intera economia rischia pesanti contraccolpi. Un pericoloso avvitamento che richiede l’adozione di politiche significative a sostegno della natalità, ma anche sul versante dell’immigrazione a cui attingere per tappare le prevedibili falle nel mercato dei lavoro. Interventi oltretutto rapidi ed incisivi perchè ci vorrà davvero tanto tempo per invertire la rotta italiana, ma della stessa Europa, perchè se la penisola piange, i partner non hanno molto da gioire. L’Italia sconta qualche difficoltà in più in tal senso. Il sostegno alla genitorialità evidenzia un cammino ancora incerto. Basti pensare, ad esempio, alla contraddizione di un Paese che fatica spendere 4,6 miliardi di euro messi a disposizione del Pnrr per asili nido e scuole materne. Il parametro di riferimento europeo di almeno un posto in asilo nido ogni tre bimbi, da noi non è ancora stato raggiunto. Tornando all’andamento della natalità nella nostra provincia, ai primi anni di costante crescita fino al 2008, con una forbice compresa tra 11 e 13mila nati, ha fatto riscontro nel periodo successivo una costante erosione che in nemmeno quindici anni ha fatto scendere l’indicatore demografico da oltre 13mila nascite a 8.680 nel 2022. La pandemia non ha aiutato, ma nemmeno peggiorato più di quanto si potesse immaginare un quadro già di per sé negativo. Il 2021, l’anno intero nel quale si potevano manifestare eventuali ricadute della pandemia sulla natalità, alla fine non si è discostato troppo dalle flessioni dei periodi precedenti. Il dibattito di quel periodo insomma sulle possibili ripercussioni indotte dal virus riguardo alle nascite non ha modificato più di tanto il quadro generale. Andamento che ribadisce le incertezze delle coppie a procreare, accentuate dalla pandemia, e rimaste tali dopo. Passata l’emergenza sanitaria ha bussato alle nostre porte la complicata situazione economica innescata dai rincari energetici. Non serve grande immaginazione a pensare che tutto questo non aiuterà a risalire la china. Parziale consolazione: la diminuzione delle nascite negli ultimissimi anni è stata comunque meno marcata, un rallentamento che forse sta a significare il raggiungimento di una soglia destinata a stabilizzarsi e questo potrebbe essere d’aiuto nella programmazione delle azioni a cui si accennava poco sopra per ridare slancio alla progettualità genitoriale. •. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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