LA MULTINAZIONALE

Chiude la Timken: «Licenziati così non è accettabile»

di Marta Giansanti
Momenti di tensione ieri alla Timken anche con l’arrivo dei carabinieri: la novità che ha sconvolto la vita e le prospettive di decine di famiglie Ieri è stata annunciata a lavoratori e sindacati l'improvvisa chiusura della filiale bresciana della multinazionale
Momenti di tensione ieri alla Timken anche con l’arrivo dei carabinieri: la novità che ha sconvolto la vita e le prospettive di decine di famiglie Ieri è stata annunciata a lavoratori e sindacati l'improvvisa chiusura della filiale bresciana della multinazionale
Momenti di tensione ieri alla Timken anche con l’arrivo dei carabinieri: la novità che ha sconvolto la vita e le prospettive di decine di famiglie Ieri è stata annunciata a lavoratori e sindacati l'improvvisa chiusura della filiale bresciana della multinazionale
Momenti di tensione ieri alla Timken anche con l’arrivo dei carabinieri: la novità che ha sconvolto la vita e le prospettive di decine di famiglie Ieri è stata annunciata a lavoratori e sindacati l'improvvisa chiusura della filiale bresciana della multinazionale

Un applauso di sdegno, fischi e urla di indignazione hanno accompagnato l’uscita dallo stabilimento di Villa Carcina di Andy Dillon, direttore europeo del gruppo statunitense Timken specializzato nella produzione di cuscinetti ingegnerizzati per l’automotive. Scortato da un auto dei carabinieri, il manager è andato via senza proferire parola, evitando qualsiasi confronto diretto con i circa 110 dipendenti a cui ieri mattina è stata annunciata l'improvvisa chiusura della filiale bresciana. Nessun preavviso, nessun segnale di crisi. Anzi. «È stato un fulmine a ciel sereno - commenta Roberto Cadei, da 27 anni in azienda -. Lavoro nel laboratorio metallurgico, al controllo ingresso materiali. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a un calo dei container in arrivo ma i responsabili davano la colpa alla difficoltà nel reperire e acquistare materie prime, al Covid o alla portacontainer incagliata nel canale di Suez. Non di certo a questa possibilità». Nessun rallentamento delle commesse, quindi. «Si lavorava a pieno regime - continua Cadei -, sono state assorbite nuove risorse per soppiantare i pensionamenti, volevano accordarci meno ferie per la mole degli ordini, c’erano altri progetti in ballo come la sistemazione della mensa, il miglioramento delle linee produttive». E invece «con quattro righe di comunicato - commenta Gianvito Vultaggio, operaio da 24 anni - decidono di lasciare sul lastrico decine di famiglie. E lo Stato dov’è? Siamo in balia di multinazionali a cui non interessa nulla dei loro lavoratori». Secondo indiscrezioni l’azienda statunitense sarebbe intenzionata a ricollocare il personale qualificato in altre sedi del gruppo. «Ma l’azienda più vicina a noi è in Romania - specifica Walter Zubani delegato Rsu -. Il nostro dubbio è che la delocalizzazione delle nostre mansioni fosse nei loro piani da tempo». La convocazione per un incontro urgente con le parti sociali è arrivata ai diretti interessati venerdì sera. Stamattina la terribile notizia. «Mai avrei potuto immaginare una simile comunicazione - dice Enzo Grossi, in fabbrica da 33 anni e da 25 rsu Fiom -: siamo pieni di lavoro. Non riesco a capacitarmene. Ma sono convinto, purtroppo, che non torneranno sui loro passi». La nota aziendale parla di «cambiamento, per quanto difficile, necessario per ottimizzare le attività e riorganizzare l'assetto produttivo, con l'obiettivo di servire al meglio i clienti globali». Tradotto vuol dire: chiusura immediata e 12 mesi di cassa integrazione straordinaria per cessata attività. Proposta respinta dai rappresentanti dei lavoratori. «Prima di buttare in mezzo a una strada più di cento famiglie devono trovare altre soluzioni - sottolinea Zubani -. E fino a quando non avremo delle risposte condivisibili e non verrà avviata una trattativa seria, noi resteremo qui». Sciopero con presidio permanente che andrà avanti a oltranza. «La cassa integrazione per cessata attività presuppone il licenziamento - spiega Elena Duina, segreteria Fiom - ma l’azienda ha ancora a disposizioni altri ammortizzatori sociali: può godere di 30 mesi di contratto di solidarietà». Mesi provvidenziali e tempo prezioso per le decine di risorse. «Il loro motto, che amano ripetere in ogni occasione, è “Siamo una grande famiglia” - conclude Cadei -, dove sta il loro senso di famiglia ora?».

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