IN CASTELLO

Demolito il «Pagodino» tempio di tante notti bresciane

di Elia Zupelli
Le ruspe in azione in via Alexander Langer
Da lassù la vista di tutta la città SERVIZIO FOTOLIVE/Fabrizio Cattina
Da lassù la vista di tutta la città SERVIZIO FOTOLIVE/Fabrizio Cattina
Da lassù la vista di tutta la città SERVIZIO FOTOLIVE/Fabrizio Cattina
Da lassù la vista di tutta la città SERVIZIO FOTOLIVE/Fabrizio Cattina

Gli affezionatissimi lo ricordano sfogliando le cartoline nostalgiche della Brescia by night che fu: «Vista pazzesca sulla città, atmosfera a metà tra “Il tempo delle mele“ e “Sapore di sale“, ben frequentato, stile Capannina a Forte dei Marmi, dove fino a tarda notte si cantavano Gino Paoli, la Carrà e “Maracaibo“», il Pagodino – storico locale ai piedi del Castello, tempio sconsacrato del divertimento notturno per diverse generazioni di giovani rampanti – ieri mattina ha tirato l’ultimo sospiro di una vita frenetica e rocambolesca, inebriata di Champagne e amori brucianti ma anche di controversie, penombre, discese ardite e risalite.
Definitivamente interrotte nel 2012, quando il sogno aveva lasciato spazio al brusco risveglio in un’alba stonata alla quale era seguito un lungo e fragoroso silenzio che nemmeno la musica era più riuscita ad infrangere. Hanno invece centrato l’impresa, ieri mattina e non senza un profondo strascico di amarezza mista alla malinconia tipica di ogni festa che finisce, le ruspe intervenute in via Alexander Langer per demolire con grazia tutt’altro che patinata le mura del locale, in passato già al centro di questioni legate all’agibilità e «irregolarità» nella gestione dell’area (di proprietà del Comune), scrivendo così i titoli di coda su una sorta di «Febbre del sabato sera» in declinazione bresciana, la cui epoca aurea si colloca all’inizio del nuovo millennio. Quando Il Pagodino, in particolare per il pubblico affiliato alle ritualità di piazzale Arnaldo, che scalpitava poco più sotto in quanto centro del decollo orbitale di ogni serata, era senza se e senza ma uno degli snodi nevralgici del divertimento posh e lampadato.
Ironia della sorte, l’esatto opposto dello scenario attuale, dove i camion hanno sostituito le cabriolet e il frastuono delle macerie ammassate l’elegante ticchettio di stiletti e tacco 12 in discesa controllata lungo gli scalini che conducevano alla pista da ballo. Dove ora il silenzio è per sempre: la terrazza della dolce vita non esiste più. Idem ovviamente anche per la parte superiore del locale, vocata ad ospitare dj in transito e selezioni house sul pettinato andante d’ispirazione Fashion Tv, allora modello di riferimento per il genere (altrettanto defunta: pace all’anima sua). Vuoto e desolato da tempo immemore, con gli interni scrostati vittime dell’incuria e delle occasionali scorribande di anime vagabonde, Il Pagodino s’accoda così alla lunga lista di locali, club e disco scivolati dall’alto come stelle cadenti assoggettate alle metamorfosi dei gusti, delle mode e di una fauna giovanile che nel mentre ha cambiato radicalmente i propri riti tribali, com’è fisiologico in un mondo che a sua volta cambia, evolve e si stravolge alla velocità della luce. Ormai cresciuti e salpati verso altri mondi, i figli della luna che ogni weekend scalavano il Cidneo alla ricerca di sensazioni forti d’ora in avanti si sentiranno più soli: resterà il ricordo sbiadito nei lampioni, annacquato come un cocktail dimenticato sul bancone, intenso per chi vorrà conservarlo; per tutti gli altri la parola Pagodino suonerà solo come il buffo diminutivo di qualcosa che non è esistito mai.•.

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