Droga, soldi e strisce: spaccio con «festino» in pieno Carmine

di Alberto Bollis
Un pomeriggio di spaccio e consumo di droga: questo può documentare Bresciaoggi grazie a queste immagini
Un pomeriggio di spaccio e consumo di droga: questo può documentare Bresciaoggi grazie a queste immagini
Un pomeriggio di spaccio e consumo di droga: questo può documentare Bresciaoggi grazie a queste immagini
Un pomeriggio di spaccio e consumo di droga: questo può documentare Bresciaoggi grazie a queste immagini

La polverina bianca, appoggiata sullo schermo dello smartphone usato come un piattino, è una montagnetta vistosa. Il «capobranco», con gesti navigati, brandeggia una tessera di plastica tipo carta di credito: accumula, separa, seleziona, riordina la «neve» in tre, quattro strisce pronte per la sniffata. Gli altri gli stanno attorno. Lanciano occhiate a destra e a sinistra: sono un po’ nervosi ma cercano di non darlo a vedere. Mica si può passare per dei cacasotto al cospetto del leader. Circolano anche banconote, sacchetti, cartine, cannucce. Il gruppetto schiamazza, cazzeggia, ride: un vero festino all’aria aperta e sotto gli occhi sorpresi dei passanti. La cocaina (sarà coca? Probabile, ma senza escludere si tratti di altra sostanza) passa di mano in mano e finisce nelle narici di chi – con un inchino fulmineo – la risucchia rumorosamente. Non stiamo guardano un film, non siamo nel Bronx. Siamo a Brescia, in pieno centro e in pieno giorno. Stavolta la particolarità è che la scena qui sopra descritta i nostri lettori la possono osservare di persona: ci sono le immagini, foto di cui Bresciaoggi è venuto in possesso, che la documentano fin nei dettagli. Una sequenza di scatti che dimostra quel che i bresciani sanno bene e già da molto tempo: in alcune zone della città gli spacciatori agiscono alla luce del sole, senza quasi curarsi di nascondere il proprio «lavoro», senza preoccuparsi di essere sorpresi. Un’arroganza sintomo di quanto la pur encomiabile sorveglianza delle forze dell’ordine venga snobbata dalle gang, che in quelle stradine si muovono liberamente e a proprio agio, si sentono al sicuro. Sono padrone di un «territorio» posto sotto il loro controllo. Centro storico di Brescia, dunque, alle 14.30 di un qualsiasi giorno feriale. È una bella giornata, c’è il sole e all’aperto si sta bene, nonostante sia inizio gennaio. Siamo (naturalmente) in zona Carmine, in una piccola traversa di via Capriolo, ad appena cento metri dal commissariato di quartiere. Sei o sette ragazzi arrivano con atteggiamento inequivocabilmente sospetto: in mezzo al plotoncino c’è colui che dà ordini a tutti, un marcantonio alto a occhio non meno di un metro e novanta, fisico palestrato, testa rasata, fare autoritario. È lui che sceglie il luogo adatto: uno stretto vicolo a due passi dalla Pallata, nel punto in cui l’ingresso di un garage si trasforma in una specie di nicchia. Poche parole secche in arabo e dal gruppo si staccano in due: sono le sentinelle. Uno si sistema all’imbocco del vicolo, l’altro dieci metri più in giù, dall’altra parte: hanno visibilmente il compito di stare di vedetta e di avvisare nel caso si dovesse avvicinare qualcuno in grado di infastidire le operazioni. Il capo si rintana nella rientranza ed estrae dalle tasche un sacchetto rigonfio. Inizia ad armeggiare con la droga. Le foto parlano. Ecco lo stupefacente che viene con cautela rovesciato sullo schermo liscio dello smartphone, mentre gli altri componenti del «team», felpe e parka con cappuccio d’ordinanza, jeans e sneakers, fanno capannello. Nessuno indossa la mascherina anti-Covid, figuriamoci. Qualcuno arrotola una banconota, mentre il leader impartisce disposizioni. Chi fa il «palo» continua a girare la testa a destra e a manca: nella stradina non c’è un gran traffico, siamo in un’ora tutto sommato tranquilla, ma pure qualche auto transita e va sorvegliata, mentre alcuni ignari passanti con le buste della spesa arrivano e, accortisi che c’è qualcosa che proprio non va, si allontanano frettolosamente commentando tra loro a bassa voce. Prima sniffata, con la «pista» che sparisce in un istante. Tutti ridono e commentano. Un anziano, l’inquilino che risiede nell’alloggio proprio sopra alla nicchia in cui si è sistemata la banda, richiamato dal vociare apre la finestra e si affaccia: viene fulminato dallo sguardo di uno dei guardiani, capisce tutto al volo (ci sarà abituato?) e rinchiude di corsa le imposte. Lì sotto nessuno se ne cura. Arriva una ragazza accompagnata da un altro giovane. Si accosta al gruppo, li conosce ed è conosciuta. Parlottano, in arabo inframezzando qua e là un’espressione in italiano. Soldi e pacchettini che passano da una mano all’altra. Il commercio è fiorente: arrivano altri acquirenti. Pagano, ritirano, se ne vanno. Un altro della banda decide che è il suo turno: si prepara una o due strisce e vai... Il capo, il gigante rasato, abbandona la nicchia e lascia il posto ai gregari. Ora scherza con tutti, spintona e distribuisce pacche d’incoraggiamento ai suoi «soldati». Uno di questi ultimi è il più sfacciato: si piazza praticamente in mezzo alla stradina, prepara con cura certosina la sua dose e se la spara soddisfatto. Il tutto va avanti in maniera indisturbata per una ventina di minuti. Poi la «festicciola» si conclude. «Testa rasata» decreta che può bastare così, tutti hanno avuto modo di darsi la carica, forse le razioni di coca da piazzare sono per ora finite. Altre frasi perentorie e le sentinelle abbandonano le rispettive posizioni. Il plotoncino si ricompone, parte in direzione di piazza della Loggia, lasciandosi alle spalle un paio di lattine di birra ammaccate e qualche fazzoletto sporco. Mentre i nostri si allontanano, rispunta alla finestra l’anziano inquilino di prima: li guarda svoltare l’angolo in fondo al vicolo. E scuote la testa.•.

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