IL PARERE DELL’ESPERTO

Epatite acuta «ignota» Crisanti: no allarmismi

di Giuseppe Spatola
Il virologo chiede cautela mediatica e massima attenzione
Uno dei bambini contagiati è residente nella provincia di Brescia
Uno dei bambini contagiati è residente nella provincia di Brescia
Uno dei bambini contagiati è residente nella provincia di Brescia
Uno dei bambini contagiati è residente nella provincia di Brescia

Placa le ansie e le prime paure il virologo Andrea Crisanti che rimane cauto sulle possibili spiegazioni per il fenomeno delle epatiti pediatriche su cui cominciano ad arrivare segnalazioni anche in Italia. «E' molto prematuro esprimersi», ha rimarcato lo specialista. Al centro del dibattito le epatiti acute di origine sconosciuta nei bambini, su cui stanno indagando le autorità sanitarie in Europa e Usa dopo picchi di segnalazioni in particolare in alcuni Paesi, per esempio in Uk. Anche un bambino bresciano di 11 anni a inizio aprile è stato ricoverato a Bergamo e il 12 aprile sottoposto a un trapianto. Ma l'esperto ritiene che forse la soluzione di questo «giallo» andrebbe ricercata indagando su una possibile ragione immunitaria, qualcosa che ha a che fare con l'immunità dei bambini. «Da quello che emerge dal Regno Unito, sembrerebbe che sia un'infezione virale da adenovirus una delle ipotesi più quotate - ha rimarcato il virologo -. Il perché improvvisamente l'adenovirus si assocerebbe a queste epatiti nei bambini rimane un mistero che va indagato e approfondito scientificamente». Risulterebbe che i bambini ricoverati si siano infettati tardi con il virus e che di fatto siano stati in qualche modo preservati per misure di distanziamento. «E' come quando un adulto si prende la varicella o il morbillo - ha precisato l’esperto -: può avere complicazioni più gravi rispetto a quando prende queste infezioni da piccolo. Potrebbe essere nel caso in cui si confermi questa ipotesi sull'origine infettiva della patologia, che questi bambini abbiano contratto questi virus in un momento in cui sono più suscettibili».

Ma Crisanti, direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell'università di Padova e tra i maggiori esperti italiani, va oltre: «Faccio un altro esempio sulla poliomielite: la malattia in Italia aveva un'indice di trasmissione elevatissimo, succedeva quindi che quasi tutti si infettavano quando erano ancora molto piccoli. E nei bambini la polio solo raramente dà la paralisi. Viceversa negli Stati Uniti la maggior parte dei bambini non si infettava, la polio la si prendeva più spesso da grandi e negli adulti causava sempre paralisi. Di fatto era molto più grave questa patologia negli Usa che in Italia, dove nel 1915-1920 per condizioni igieniche scadenti si infettavano tutti molto precocemente». Ma riflettendo sulle epatiti, le misure di restrizione hanno forse in qualche modo ritardato l'età, il momento in cui i bambini contraggono malattie comuni. Gli esperti sono più scettici rispetto all'ipotesi di una nuova variante o virus. Come dire che ogni panico è ingiustificato e che la scienza è in campo per dare una ragione alla malattia. •.

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