L'INTERVISTA

Ettore Prandini (Coldiretti): "Siccità emergenza storica, serve la protezione civile"

Il presidente Coldiretti, Ettore Prandini, ha scritto a Mario Draghi
Il presidente Coldiretti, Ettore Prandini, ha scritto a Mario Draghi
Il presidente Coldiretti, Ettore Prandini, ha scritto a Mario Draghi
Il presidente Coldiretti, Ettore Prandini, ha scritto a Mario Draghi

L’allarme siccità per Coldiretti, secondo cui il livello idrometrico del fiume Po al Ponte della Becca (Pavia) è sceso a -3,7 metri su livelli più bassi da almeno 70 anni, è «storico». In sofferenza i grandi laghi compresi il Garda e l’Iseo. Una situazione «drammatica» in un 2022 segnato fino ad ora da precipitazioni praticamente dimezzate, con la mancanza di pioggia che in alcune zone dura da quasi tre mesi con il ricorso alle autobotti, razionamenti e misure restrittive anche per innaffiare orti e giardini. Così il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nella lettera inviata al presidente del Consiglio Mario Draghi in merito alla grave siccità, ha chiesto lo stato di emergenza.

Cosa comporterebbe lo stato di emergenza?

«A fronte di una crisi idrica la cui severità si appresta a superare quanto mai registrato dagli inizi del secolo scorso, chiediamo che venga dichiarato al più presto lo stato di emergenza nei territori interessati, tenuto conto del grave pregiudizio degli interessi nazionali. Auspico l'intervento del sistema della Protezione civile per coordinare tutti i soggetti coinvolti, Regioni interessate, Autorità di bacino e Consorzi di bonifica, e cooperare per una gestione unitaria del bilancio idrico. Accanto a misure immediate per garantire l'approvvigionamento alimentare della popolazione, appare evidente l'urgenza di avviare un grande piano nazionale per gli invasi che Coldiretti propone da tempo».

Un problema che affonda anche sulle infrastrutture di approvvigionamento?

«Raccogliamo solo l'11% dell'acqua piovana e potremmo arrivare al 50% evitando così situazioni di crisi come quella che stiamo soffrendo anche quest’anno. Si tratta di emergenze sempre più ricorrenti con un costo negli ultimi 10 anni che supera i 10 miliardi di euro e per questo l'Italia ha bisogno di nuovi invasi a servizio dei cittadini e delle attività economiche, come quella agricola che in presenza di acqua potrebbe moltiplicare la capacità produttiva. È annosa la questione di una rete idrica pubblica obsoleta con perdite d'acqua stimate intorno al 40%, ma vicine al 65-70% in alcune aree del Sud. In questo caso subentrano le scelte che Comuni, Autorità di bacino e Consorzi di bonifica sono chiamati a fare con i finanziamenti del Pnrr. Ammodernare e sostituire la rete idrica, deve essere un imperativo per gli amministratori pubblici. I finanziamenti europei servono per migliorare le infrastrutture del Paese, e la rete idrica deve rientrare fra queste».

Il nostro Paese capisce la situazione critica solo quando si palesa?

«Purtroppo è evidente. Era da anni che chiedevamo un piano sugli invasi, un nuovo investimento in termini strutturali con la realizzazione di nuovi invasi di accumulo. Questo aveva un triplice significato. Il primo era per dare una risposta rispetto anche al dissesto idrogeologico, perchè il cambiamento climatico ha portato ad avere la stessa piovosità nell’arco dell’anno in termini di quantità ma con un principio legato ai fenomeni di carattere atmosferico completamente diverso al passato. Le precipitazioni sono sempre più concentrate e violente creando dissesto idrogeologico. Il secondo aspetto riguarda invece i periodi di siccità che vanno ad allargarsi sempre di più. Il terzo elemento sono proprio i bacini di accumulo su cui si può sviluppare il sistema di produzione di energia rinnovabile a impatto zero».

In un contesto così critico l’agricoltura e il cibo è comunque centrale...

«È servita una pandemia e una guerra per capire che la spinta comunitaria della globalizzazione va rivista e ridiscussa. Noi sosteniamo che l’Italia debba produrre più quantità. Il tema della centralità dell’acqua diventa così significativo».

Tutto è collegato?

«Lo è. Lo stato di emergenza è il passo fondamentale per gestire la situazione che si annuncia difficile sia a livello agricolo che civile». •. Giu.S.

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