L'INCHIESTA

Fanghi contaminati sparsi come concime: quindici indagati

di Paolo Cittadini
Maxi operazione dei carabinieri forestali che hanno sequestrato tre impianti di lavorazione a Calcinato, Calvisano e Quinzano d'Oglio
L’indagine  dei carabinieri Forestali ha portato in luce la presunta attività illecita iniziata nel gennaio 2018
L’indagine dei carabinieri Forestali ha portato in luce la presunta attività illecita iniziata nel gennaio 2018
L’indagine  dei carabinieri Forestali ha portato in luce la presunta attività illecita iniziata nel gennaio 2018
L’indagine dei carabinieri Forestali ha portato in luce la presunta attività illecita iniziata nel gennaio 2018

Invece che trattarli, così come prevede la legge, avrebbero spacciato fanghi contaminati da metalli pesanti, idrocarburi (e altre sostanze inquinanti) per fertilizzanti che avrebbero poi «offerto»ad aziende agricole del Nord Italia. Almeno 3 mila i campi «concimati» con 150 mila tonnellate di fanghi non depurati. Un giro d’affari che avrebbe permesso di incassare tra il gennaio del 2018 e l’agosto del 2019 oltre 12 milioni di euro di profitti illeciti Molti di questi sono nella Bassa bresciana, da Lonato a Fiesse passando per Pralboino, Dello, Manerbio e Roccafranca solo per citarne alcuni.

Quindici le persone indagate nell’inchiesta della procura di Brescia che ha coordinato il lavoro dei carabinieri Forestali di Brescia iniziato nei mesi scorsi dopo una serie di accertamenti da parte dell’Arpa a cui avevano fatto seguito anche una serie di esposti di gruppi ambientalisti del territorio. Traffico di rifiuti, discarica abusiva, traffico di influenze illecite e molestie olfattive i reati contestati a vario titolo agli indagati Sotto sequestro sono finiti anche tre impianti di lavorazione dei fanghi a Calvisano, Calcinato e Quinzano d’Oglio. Tutti i siti sono riconducibili alla Wte, azienda bresciana che si occupa (così si legge nel loro sito internet) anche del trattamento finalizzato al recupero di biomassa di scarto, della riduzione volumetrica dei rifiuti fangosi. Nel corso del blitz delle scorse ore i Forestali hanno anche messo sotto sequestro conti correnti e beni per recuperare il denaro incassato illecitamente. Nel registro degli indagati è finito l’amministratore dell’azienda oltre ai soggetti incaricati di gestire i tre siti messi nelle scorse ore sotto sequestro. Nei guai anche gli amministratori di sei aziende di lavorazioni rurali (cinque sono bresciane e una della provincia di Cremona) che sarebbero state retribuite per spacciare i fanghi non depurati che poi finivano sui terreni agricoli.

Tra gli indagati risulta anche un manager bresciano, è ai vertici di un ente dell'Emilia Romagna che, per gli inquirenti, sfruttando le relazioni costruite nel tempo con politici e funzionari della pubblica amministrazione si sarebbe prodigato per favorire l’attività dell’azienda bresciana finita nel mirino dei magistrati. In cambio, questo sarebbe emerso dall’attività di intercettazione telefonica e ambientale, avrebbe ottenuto consulenze e regalie. Semplice, per gli inquirenti, lo schema utilizzato. L’azienda bresciana, a fronte di lauti corrispettivi, ritirava i fanghi prodotti da numerosi impianti pubblici e privati di depurazione delle acque reflue urbane ed industriali, da trattare mediante un procedimento che ne garantisse l’igienizzazione e la trasformazione in sostanze fertilizzanti. Invece, per massimizzare i propri profitti, la ditta ometteva di sottoporre i fanghi contaminati al trattamento previsto ed anzi vi aggiungeva ulteriori inquinanti come l’acido solforico derivante dal recupero di batterie esauste.

I proprietari dei fondi, sui cui i fanghi contaminati erano sparsi, venivano convinti ad accettare lo spandimento dei gessi di defecazione sui propri terreni con l’offerta a titolo gratuito di alcuni benefit, compresa la successiva aratura dei campi di cui si faceva carico la società di recupero dei rifiuti. «Gli agricoltori - sottolineano gli inquirenti - quindi erano allettati non tanto dalle supposte proprietà fertilizzanti del prodotto quanto piuttosto dal risparmio sulle spese di lavorazione dei propri terreni».•.

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