Gaboardi: «Più elettrico? Sì, ma non a tutti i costi»

di D.VIT.
Saverio Gaboardi
Saverio Gaboardi
Saverio Gaboardi
Saverio Gaboardi

L’auto elettrica sarà il principale mezzo di trasporto privato del futuro? Per il momento le incognite superano le certezze. La tesi secondo cui la scelta entusiastica dell’elettrico debba avvenire a determinate condizioni di approvvigionamento, senza perdere la leadership europea e italiana acquisita nel campo tradizionale e sviluppando un know-how concorrenziale con la Cina, è sostenuta con convinzione da Saverio Gaboardi, presidente del Cluster Lombardo della Mobilità (interlocutore istituzionale della Regione per la ricerca e l’Innovazione). OSPITE di un convegno sulla mobilità sostenibile e sulle buone prassi tra Comuni promosso dalla Loggia e da Brescia Mobilità nell’ambito delle iniziative per la Settimana europea dedicata al tema, l’ex consigliere di Aib ha tracciato una panoramica della filiera dell’automotive bresciana (seconda in Italia dopo Torino con 250 aziende, 20 mila dipendenti e 7 miliardi di fatturato) e lombarda (quinta in Europa) per sottolineare la necessità di coniugare l’auspicabile e inevitabile svolta ecologica, la tutela del patrimonio di conoscenze acquisite e la crescita economica e sociale. «Stimiamo che nei prossimi venti-trent’anni sarà elettrico circa il 25% del parco auto circolante, mentre un altro 25% funzionerà a idrogeno: la restante metà avrà ancora un motore endotermico, alimentato principalmente da biocarburanti e da biometano», ha spiegato, sposando il principio della neutralità tecnologica e criticando la demonizzazione del diesel. «La negativa campagna pubblicitaria ha fatto impennare del 15% gli acquisti dei veicoli a benzina, con il conseguente aumento dell’1% di Co2». L’adozione del modello elettrico non risolve inoltre di per sé le preoccupazioni sulla salute dell’ambiente e sulla salvaguardia delle risorse planetarie. «L’elettrico ricavato da fonti fossili, le cosiddette terre rare che servono a realizzare le batterie dei veicoli, pone il problema del loro smaltimento una volta concluso il ciclo di vita. Perciò il modello non può essere quello cinese: l’Europa deve lavorare per sviluppare una tecnologia alternativa e riciclabile», ha chiarito. Se dunque le nuove conquiste andrebbero incoraggiate senza mollare la presa sulla leadership abituale, altrettanto fondamentale è tener conto di ulteriori accorgimenti per la riduzione delle emissioni. «Nel tempo sono stati compiuti notevoli progressi a beneficio dell’ecosistema, basti pensare che dal 1995 ad oggi le emissioni nocive di Co2 prodotte dai mezzi a motore sono diminuite del 35%: non siamo però l’unico settore chiamato a migliorare, visto che auto private e trasporto merci incidono insieme per non più del 16% sul totale di anidride carbonica presente in atmosfera», ha concluso il relatore. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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