L'INTERVISTA

Enrico Letta a Bresciaoggi: «Il Pd rilancerà l’Italia con serietà e senso civico»

di Giuseppe Spatola
Tappa bresciana per il segretario del Pd arrivato in città con in bus elettrico
Enrico Letta con Emilio Del Bono
Enrico Letta con Emilio Del Bono
Enrico Letta con Emilio Del Bono
Enrico Letta con Emilio Del Bono

Nella prima campagna elettorale estiva della storia repubblicana si trova quotidianamente attaccato dagli ex alleati Carlo Calenda e Matteo Renzi, oltre a doversi difendere dalle bordate del centrodestra. Enrico Letta, segretario Pd, resiste e rilancia il ruolo centrale dei Dem nel quadro politico italiano.

Segretario nei giorni scorsi Confindustria Brescia e sindacati hanno lanciato l'appello a fare presto per trovare soluzioni al caro energia. È inevitabile che la crisi energetica peserà anche sul voto del 25 settembre: quale è la soluzione proposta dal Pd? Che interventi a lungo respiro possono essere messi in campo dal prossimo governo?

È una emergenza da codice rosso. Le aziende rischiano di chiudere, tante persone di trovarsi materialmente senza un centesimo a ogni fine del mese. Abbiamo proposte chiare per l’immediato e poi anche per il medio termine. Un tetto europeo al prezzo del gas e, per la durata di un anno, un regime di prezzi amministrati per l’energia elettrica con il disaccoppiamento tra fonti fossili e rinnovabili. E poi il raddoppio del credito d’imposta per le imprese e un nuovo contratto «bolletta luce sociale» per piccoli esercizi e famiglie con redditi medi e bassi. Infine non è più rinviabile un grande piano per le rinnovabili e il risparmio energetico.

In Italia il 26 settembre potrebbe profilarsi un nuovo governo di unità nazionale? O gli elettori daranno un segnale chiaro nelle urne?

La sfida è tra noi e la destra di Meloni. Vogliamo convincere i tanti Italiani che oggi non hanno ancora deciso se andare a votare. Con la forza delle nostre proposte siamo convinti di riuscire ad avanzare in queste due settimane che ci separano dal voto, non c’è alcun risultato già scritto.

Per il premier Mario Draghi l'Italia supererà i marosi d'autunno e il governo, di destra o sinistra che sarà, saprà affrontare ogni questione. È in sintonia con questo ottimismo?

Il presidente Draghi ha dato giustamente la risposta che il suo ruolo istituzionale imponeva. Ma è evidente che rischiamo grosso. Sono gli stessi del 2011. Tremonti, Berlusconi e Meloni portarono il Paese a un millimetro dalla bancarotta. E poi sono divisi, su flat tax, scostamento di bilancio, giustizia, riforme. Senza contare Putin. La posizione di Salvini sulle sanzioni alla Russia sembra una traduzione grossolana dei comunicati di Putin o di Lavrov. Una vergogna per tutto il Paese, ma soprattutto un segnale allarmante. Se Meloni davvero non si riconosce in questa linea chieda al suo principale alleato di stracciare l'accordo del 2017 tra la Lega e Russia Unita, il partito di Putin. Non lo fa e questo è un fatto.

Che quadra potrà trovare in un ipotetico governo con gli alleati della sinistra ecologista che si sono dichiarati apertamente contraria agli impianti gas?

Non avremo problemi a trovare soluzioni condivise, considero la pluralità di posizioni all’interno di una coalizione una ricchezza. Dopodiché, la invito a fare questa domanda a Giorgia Meloni che ha dovuto far intervenire il suo colonnello La Russa sul sindaco di Piombino, che è un esponente di Fratelli d’Italia, ed è contrario al rigassificatore.

Con i Cinquestelle non c'è possibilità di riaprire il dialogo chiuso con il campo largo?

l M5S ha fatto cadere il governo Draghi a luglio. Ha tradito il patto con 30 mila elettori delle primarie in Sicilia ad agosto. Proprio in queste ore a settembre blocca in Parlamento un decreto da 14 miliardi di euro di aiuti alle imprese per le bollette solo e soltanto per due motivi. Uno, l'impuntatura personale contro Draghi. Due, la pretesa di riconquistare una verginità politica. È il vero motivo per cui hanno deciso di sfilarsi. Come se non fossero rimasti al governo 4 anni e mezzo su 5 e non fossero corresponsabili di quanto fatto o non fatto dal 2018. Ora indossano l'abito della domenica del progressista. Ma restano il partito di Grillo, quello che diceva che destra e sinistra non esistono. Esistono eccome, ma la sinistra non è né può essere last minute, una improvvisazione. Il Pd oggi rappresenta l’unica alternativa progressista alla destra. Progressista perché torna a mettere al centro della sua proposta il lavoro e la giustizia sociale: salario minimo, ritorno al tempo indeterminato come contratto principale, lotta alla precarietà, fino a una mensilità in più per i redditi medio-bassi per far fronte all’aumento dei prezzi.

Il taglio dei parlamentari ha acceso polemiche anche a Brescia, con il territorio che si sente sottorappresentato. Che soluzioni ha proposto il Pd a questa situazione?

La responsabilità è di una pessima legge elettorale che abbiamo provato a cambiare, ma siamo stati gli unici. Ne parleremo durante la prossima legislatura. Ma oggi si compete con questa legge e con questa dobbiamo fare il nostro risultato.

A chi dice che l'ala più cattolica del partito e quella liberale siano state «dimenticate», favorendo lo spostamento di molti sul Terzo polo, cosa risponde?

Io, che sono il segretario del partito, vengo dalla storia cattolicesimo democratico e non credo che questa tradizione politica si possa considerare sottorappresentata. Per quanto riguarda le liste, con tutte le difficoltà dovute alla legge elettorale, sono state votate dalla quasi totalità della Direzione e rappresentano la ricchezza della pluralità del nostro partito. Noi le votiamo, le liste, a differenza di altri.

La sensazione è che i Dem rischiano di essere scavalcati a sinistra da Conte e, su alcuni temi del welfare, anche dalla destra. Come recuperare terreno rispetto a questa situazione?

Ho già risposto, non si bluffa. Se il Movimento 5 Stelle non avesse aperto la porta della crisi, alcune delle misure dell’agenda sociale, a cominciare dal taglio del cuneo fiscale per arrivare a salari più alti e il salario minimo, sarebbero già realtà e molti cittadini avrebbero degli strumenti in più per affrontare l’aumento dei prezzi e delle bollette. Non è stato così. Parlano i fatti e non le etichette che ci si auto applica all’occorrenza.

La campagna elettorale oramai pare uno scontro aperto tra lei e Giorgia Meloni. Ha ragione Calenda quando dice che il Pd si sta concentrando troppo sul pericolo fascista e meno sui programmi?

Noi ci stiamo concentrando su due idee di Italia e di Europa che sono agli antipodi. Noi europeisti, mentre la destra balbetta sulle sanzioni alla Russia. Noi per i diritti civili, per loro non è mai ora e strizzano l’occhio all’Ungheria di Orban. Noi per dare sostegno alle imprese e ai cittadini più in difficoltà, loro per una flat tax che favorirebbe solo chi ha di più. La scelta è su questo. Le nostre proposte sono nette e chiare.

Tutti parlano dell'agenda Draghi. Anche lei ne ha delle pagine? Cosa porterà avanti del lavoro fatto con il premier?

L’agenda Draghi è quello che ha fatto il governo in questo anno e mezzo. Noi ne siamo stati protagonisti con lealtà, poi destra e Movimento Cinque Stelle hanno messo fine a questa esperienza. Siamo pronti a portare avanti il Pnrr, a cui abbiamo abbondantemente contribuito, che invece la destra vuole cambiare, mettendolo a rischio. Rispetto alla posizione italiana in Europa, proseguiremo sulla strada tracciata con autorevolezza da Draghi. Mi pare invece che dall'inizio della campagna elettorale Renzi e Calenda usano Draghi strumentalmente. Ma sono come quelli che vendono prodotti contraffatti al mercato. Si capisce che è merce falsa.

Per proteggere l'economia nazionale in logica europea, che passi potranno essere fatti guardando al conflitto Russo-Ucraino per promuovere la pace?

Come ho detto non sono ammessi arretramenti rispetto al fatto che le responsabilità di questa guerra sono nette, l’aggressore è Putin. Lo dico perché non ci dovranno essere fraintendimenti sulla posizione italiana neanche dopo le elezioni. La sofferenza del popolo ucraino continua, giorno dopo giorno, da sei lunghi mesi. Siamo con l’Europa e l’Onu e appoggiamo il lavoro diplomatico per arrivare alla pace. Ma nessuno può pretendere la resa dell’aggredito. Sarebbe una resa anche dei nostri valori e di quei principi di libertà e democrazia da cui è nata la Repubblica dopo la sconfitta del nazifascismo. Vorrei che Salvini potesse pronunciare parole simili con analoga nettezza. Ma non lo fa.

Perché con Calenda e Conte non si è riusciti a far fronte comune?

Per me la lealtà, la parola, le strette di mano hanno un valore, per altri evidentemente no. Ora la nostra coalizione è in campo per vincere ed è inutile continuare a parlare di fatti così miseri quando in gioco c'è il bene del Paese.

Ecco, quale appello agli indecisi e a chi non vuole saperne di votare?

Il 25 settembre si decide il futuro dell’Italia e ci sono in campo due orizzonti completamente diversi. Noi siamo quelli che si occuperanno della condizione di difficoltà che vivono tanti lavoratori, giovani e pensionati, quelli che non negano l’emergenza climatica e che vogliono andare avanti sulla strada dei diritti. Dall’altra parte una destra che garantirà solo pochi, che rischia di farci perdere il Pnrr con riformulazioni non meglio precisate e che vuole riportare indietro le lancette dei diritti. Questa è la scelta. La destra e la sinistra. Le discriminazioni e i diritti. Le connivenze con Putin e Trump e l'Europa. È questa, solo e soltanto questa.•.

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