In fila un po’ di ansia: «Ma ora serve fiducia»

di Marta Giansanti
In coda ieri mattina all’esterno della Fiera di via Caprera
In coda ieri mattina all’esterno della Fiera di via Caprera
In coda ieri mattina all’esterno della Fiera di via Caprera
In coda ieri mattina all’esterno della Fiera di via Caprera

I primi appuntamenti erano alle 8 ma c’è chi, colto dall’ansia da ritardo, ha deciso di presentarsi in netto anticipo rispetto all’apertura e all’orario di prenotazione. «Perché, non si sa mai». Risultato? Auto in colonna sulla strada che costeggia la Fiera, poi velocemente smaltita, e parecchi over 70 in attesa di entrare, anche questa fila sbollita in poco tempo. Ha avuto inizio così, ieri mattina, l’attività di profilassi nel principale hub bresciano. «Meglio tardi che mai» dice Alberto, 76 anni tra pochi giorni e la felicità negli occhi e nelle parole per «questo regalo della scienza. Il territorio è da sempre tra i più colpiti dalla pandemia, avrebbero dovuto attivarlo da settimane. Dobbiamo correre perché siamo già in netto ritardo». L’obiettivo è di immunizzare 10.000 persone al giorno; buon ritmo anche nella giornata inaugurale, nonostante i minuti iniziali di confusione e un po’ di lamentele delle persone in coda. Qualche «ritocchino» qua e là, tra cui le transenne per delimitare il percorso, posizionate a lavori già iniziati, e l’avviamento si è consolidato. Ma c’è già chi storce il naso: «Non ritengo giuste certe imposizioni. Da cittadina che ha sempre pagato le tasse, dando il mio contributo a finanziare il sistema sanitario, ho il diritto di scegliere a quale vaccino sottopormi», dice Rosanna. Per lei l’appuntamento è tra una decina di giorni, ieri ha accompagnato il marito Vincenzo che ammette: «Se vogliono inocularmi l’AstraZeneca mi alzo e me ne vado. Non sono tranquillo per alcuni disturbi di salute e non voglio farlo». E così è stato: niente vaccinazione. «Ma sai cosa succede con il rifiuto? - aggiunge la moglie - Finirà in coda alla lista delle persone da vaccinare. Se ne riparlerà quindi tra parecchi mesi. In altre Regione, per esempio nel Lazio, si può decidere in quale hub andare. Per noi non è così. Credo che questa sia una prepotenza bella e buona». A volte è l’agitazione a parlare, conseguenza delle «infinite notizie, tra di loro contrastanti. Ho paura, ma cerco di non dargli peso. Speriamo in bene», si fa coraggio la signora Maria. Ma l’inquietudine, spesso, prende il sopravvento anche tra gli accompagnatori: «Sono più spaventati e nervosi i figli - fa notare Lorella Fioretti, fuori dal Gate 15 aspettando il papà 76enne -, ma non fanno altro che turbare i genitori. Dovremmo avere più fiducia nella medicina. Se ci dicono che possiamo farlo, possiamo e basta. Anzi, dobbiamo perché è l’unico modo per uscire da questa situazione». Anche Donatella Ferrini, in attesa che sua mamma esca, cerca di smorzare le tensioni: «Dopotutto è sempre un vaccino che, come per ogni prodotto medicale anche per la semplice aspirina, può avere effetti collaterali più o meno gravi. È umano che ci sia dell’ansia». Solo per i non autosufficienti e, in alcune rare eccezioni per chi è troppo agitato, è permesso che un parente arrivi fino al box dell’iniezione. Gli altri devono fermarsi fuori: c’è chi «spia» dalle porte vetrate, chi invece ne approfitta per fare una chiacchierata con chi condivide lo stesso «ruolo» di «chauffeur». In attesa delle rispettive mogli anche Vezio e Emilio, entrambi over 80 e già vaccinati con doppia dose: «È importante farlo, è una questione di vita. Speriamo solo che tutto questo abbia un senso». •.

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