il caso

L’Europa e la direttiva «ammazza stalle»: Brescia urla il suo «no»

di Claudio Andrizzi
Un accordo prevede di equiparare le emissioni degli allevamenti a quelle industriali. Valter Giacomelli (Coldiretti): «Un'assurdità e una pericolosa deriva». Giovanni Garbelli (Confagricoltura): «Un lavoro di lobby e di contrasto»
La zootecnia è un comparto che vale una fetta importante del Pil agricolo provinciale
La zootecnia è un comparto che vale una fetta importante del Pil agricolo provinciale
La zootecnia è un comparto che vale una fetta importante del Pil agricolo provinciale
La zootecnia è un comparto che vale una fetta importante del Pil agricolo provinciale

La zootecnia bresciana grida il suo no alla direttiva europea «ammazza stalle» sulle emissioni industriali (Ied) che vorrebbe equiparare gli allevamenti alle fabbriche: un orientamento destinato a provocare una levata di scudi nella prima provincia agricola d’Italia, vero e proprio hub nazionale del latte con 17 milioni di quintali ed un valore alla produzione volato nel 2022 a 834 milioni con un rimbalzo del 21% sull’anno precedente. Il comparto potrebbe subire pesanti contraccolpi dopo che il Consiglio dei ministri per l’ambiente ha raggiunto un accordo di compromesso sulla proposta per l’inclusione degli allevamenti bovini come attività inquinanti nella normativa sulla riduzione delle emissioni industriali, nonostante l’opposizione dell’Italia espressa dal ministro Gilberto Pichetto Fratin, l’unico ad aver espresso voto contrario.

La normativa dovrà ora essere discussa al Parlamento Europee

Le  principali organizzazioni agricole Ue, già firmatarie di un documento in tal senso, puntano al mantenimento dello status quo. Ma fra gli addetti ai lavori è allarme rosso: «Equiparare le emissioni di una stalla a quella di un’industria è un’assurdità senza fondamento – afferma Valter Giacomelli, non solo presidente di Coldiretti Brescia, ma anche titolare con i fratelli di un allevamento da latte a Nuvolento con oltre 1500 capi, oltre che leader di Gardalatte, la principale cooperativa casearia della provincia di Brescia -. Siamo di fronte ad una pericolosa deriva, che rischia di far chiudere tantissime aziende perché gli eventuali costi di adeguamento sarebbero impossibili da sostenere per il nostro settore. Questa proposta va contrastata con ogni mezzo necessario perché potrebbe portare alla perdita di posti di lavoro con conseguente aumento della dipendenza dalle importazioni da Paesi Terzi con standard ambientali e di sicurezza che ovviamente non sono nemmeno paragonabili a quelli imposti agli allevatori italiani».

D’accordo Giovanni Garbelli, leader di Confagricoltura Brescia: «Sarà lotta dura – assicura -. È profondo lo sconforto e lo sconcerto per il modo in cui l’Italia è arrivata isolata a questa importante scadenza: ma perlomeno il voto contrario del ministro Pichetto è un risultato importante, significativo sapere che il Governo è dalla nostra parte contro una legge profondamente sbagliata perché non tiene in conto il rapporto tra emissioni e benefici, con paradossi per certi versi allucinanti. Come organizzazione cercheremo di esercitare un lavoro di lobby per contrastare questa deriva: come estrema ratio non escludiamo forme di protesta forti perché non possiamo rischiare di mettere a repentaglio un modello agricolo forte, importante, resiliente come dimostrato durante l’epoca durissima della pandemia. Non solo: approvare questa direttiva significa mettere a repentaglio la sovranità alimentare non solo italiana ma anche europea».

Da Copagri, organizzazione presieduta a livello regionale dal gardesano Roberto Cavaliere, si ricorda per voce del presidente nazionale Tommaso Battista «il ruolo imprescindibile svolto dagli allevamenti in relazione alla tutela idrogeologica del territorio, alla difesa dell’ambiente e della biodiversità, al contrasto dello spopolamento nelle aree interne e rurali del Paese: il rischio concreto è andare ad incidere ulteriormente sulla redditività di un settore che sconta già notevoli difficoltà a partire dagli incrementi record dei costi di produzione e dell’energia».

Fidanza: "La nostra zootecnia ha ridotto le emissioni"

L’appoggio del governo al sistema agricolo viene pienamente confermato del capodelegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo Carlo Fidanza, che parla senza mezzi termini di «ennesima eurofollia. Si tratta di un provvedimento ancor più assurdo se si tiene in conto che negli ultimi 20 anni la nostra zootecnia ha ridotto le emissioni del 25%, mentre la nostra agricoltura impatta sulle emissioni di gas serra solo per il 7% contro una media europea dell’11%. Uno sforzo importante per la sostenibilità che non viene in alcun modo riconosciuto. Bene quindi ha fatto il governo ad opporsi a questo testo: l’augurio è che possa emergere a breve un numero maggiore di Stati che aiutino l’Italia a fermare questa ennesima deriva».

Un auspicio condiviso dagli allevatori bresciani, che guardano con grande preoccupazione a questa nuova incognita: «Siamo di fronte ad una scelta insensata ed anacronistica – afferma Giovanni Martinelli, titolare di un’azienda di vacche da latte e bovini da ingrasso a Borgo San Giacomo -. Se solo i dati fossero analizzati con più attenzione, si comprenderebbe come questa decisione in realtà abbia poco senso anche dal punto di vista scientifico: in quanto si punta ad equiparare l’inquinamento degli allevamenti focalizzato principalmente sul metano, che rimane in atmosfera una decina d’anni, mentre la CO2 emessa dall’industria si accumula per millenni. Abbiamo compiuto molti sforzi per migliorare le nostre aziende, raggiungendo performance sempre più virtuose: eppure questa normativa porterebbe a chiudere molti allevamenti medio piccoli a conduzione famigliare con un forte impoverimento sotto il profilo non solo ambientale ma anche socio-economico. Perchè quando una stalla chiude, perde un intero territorio».•. 

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