L'INTERVISTA

«Musil, ora c’è accordo. Colpe anche della Lega»

di Eugenio Barboglio
Rebecchi: "La crisi di Basileus è stato il vero freno. I soldi ci sono. Scienze naturali? Magari al laminatoio, no a un unico polo museale"
La sede di Rodengo Saiano  ospita l’esposizione della macchine, ma l’area ha cambiato destinazione nel PgtIl capannone ex Tempini destinato ad ospitare il Musil in una vecchia foto
La sede di Rodengo Saiano ospita l’esposizione della macchine, ma l’area ha cambiato destinazione nel PgtIl capannone ex Tempini destinato ad ospitare il Musil in una vecchia foto
La sede di Rodengo Saiano  ospita l’esposizione della macchine, ma l’area ha cambiato destinazione nel PgtIl capannone ex Tempini destinato ad ospitare il Musil in una vecchia foto
La sede di Rodengo Saiano ospita l’esposizione della macchine, ma l’area ha cambiato destinazione nel PgtIl capannone ex Tempini destinato ad ospitare il Musil in una vecchia foto

Aldo Rebecchi è stanco di polemiche. Anche perché se si guarda in giro non vede tutti innocenti e un solo colpevole «Del Bono e Castelletti per intendersi, come vorrebbe la Lega».

Insomma, le responsabilità del ritardo del Museo dell’industria e del lavoro se le devono assumere tutti i promotori?

«Quella del Musil è certamente una vicenda che arranca ma le colpe non si possono addossare ad un unico soggetto, e chi lo fa sa bene che non è così, anche perché ha seguito tutta la faccenda ed è stato vicesindaco. All’assessore regionale Rolfi vorrei dire: perché non lo hai fatto tu, il museo, quando eri al governo della città? La risposta è nella storia del progetto. E cioè che il fattore determinate è stata la crisi immobiliare che ha impedito a Basileus di realizzare l’urbanizzazione del Comparto Milano. Il Musil stava dentro quell’operazione. Le secche in cui è finito il museo sono figlie di questa situazione. Basileus ha solo speso, ha fatto le bonifiche dei terreni, realizzato a favore del Comune i sottopassi, ma i 4 condomini e tutto il resto non lo ha potuto realizzare. Quando ci sono problemi oggettivi, noti e di questa portata, perché attaccarsi alla polemica politica!».

Cosa cambia dopo il Collegio di Vigilanza di giovedì?

«Il messaggio è: guardare avanti. L’esito dell’incontro autorizza ottimismo. Tutti siamo stati d’accordo che il Musil si farà. Convinto Del Bono, convinto l’assessore regionale Galli etc. Un pezzo forse già nel 2023, almeno ci proviamo. I 12 milioni ci sono, quelli della fidejussione, sono lì, disponibili. Pensavo si potesse agire per gradi sul titolo di garanzia, cominciando dai 2 o 3 milioni che servono per pagare l’azienda che ha risolto il contratto per le fatture in sospeso. Ma questa cosa parrebbe tecnicamente complicata per via, tra l’altro, della necessità ad ogni step di fare collaudi».

Perchè i cantieri sono iniziati se non c’era l’intenzione da parte della Popolare di Milano di aprire i cordoni della borsa?

«Non lo so, me lo sono chiesto anche io. Tra il finanziare i lavori e perdere la fidejussione, il conto finale non cambia. Ma credo che la banca voglia ragionare su un piano finanziario di tutto il comparto. E comunque è una questione tra la banca e Basileus». Non da ieri c’è chi dice che non hanno appeal le macchine, la storia industriale. Si sconta forse un deficit della cultura italiana verso scienza e tecnica, per cui un museo non è un museo senza busti romani e quadri di Raffaello? Non si può dire che l’esposizione di Santa Giulia sia la più accattivante del mondo. Eppure... «Sì, è possibile anche questo. Come è vero che è venuta meno la volontà politica, soprattutto in certi periodi. Penso a funzionari che hanno remato contro e alla giunta Paroli, orientata a lasciar perdere, spaventata dai costi di gestione. Che tra l’altro ammontano ad un milione all’anno, una cifra sostenibile. Eppure il centrodestra adesso dice che è colpa degli altri se il Musil non c’è... Poi però va ricordata un’altra cosa: che sono cambiate le persone, i Formigoni, i Capra, i Cavalli, i Sandro Fontana..., ora ci sono altri al loro posto. Quelle persone erano convinte, forse chi è venuto dopo un po’ meno. Ma non si può dirlo di Del Bono, la Loggia ha versato più di tutti ed il sindaco è deciso ad andare fino in fondo ad un progetto che, non dimentichiamolo, non è di Brescia, ma è, direi, lombardo».

Anche la situazione della sede di Rodengo si è complicata. Amnesie leghiste anche in questo caso?

«Devo dire di sì, non avremmo i problemi che abbiamo se l’amministrazione leghista di Rodengo Saiano non avesse cambiato la destinazione dell’area del museo da servizi culturali a commerciale. E senza informarci. Lo abbiamo scoperto dalla bolletta della Tari, mancava lo sconto praticato fin lì. Abbiamo chiesto spiegazioni, ed è saltato fuori che l’area era diventata commerciale».

Ora, ceduta dal Comune, ha un altro proprietario, che ha raddoppiato il prezzo di vendita.

«L’idea era di rilevare il credito per 700mila euro. Ma si è traccheggiato perchè a decidere doveva essere il Collegio di sorveglianza. Ora il prezzo è 1,4 milioni di euro. Non è colpa di nessuno, tanto meno dell’ex presidente del Musil, Paride Saleri, ma certo è che non sono state proposte soluzioni alternative. Come, qualcuno che acquistasse subito, a cui la Fondazione avrebbe pagato l’affitto».

La Lega propone una sola sede per Musil e Museo di scienze.

«Magari per le scienze naturali si potrebbe pensare all’ex Laminatoio, lì vicino, sfumato il progetto della case bottega. Tra l’altro, rientra nel bando “Oltre la strada”. Ma una sede per due, no. Finirebbero per essere due mezzi musei». •.

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