L’autocarro carico di rottami ferrosi, senza i documenti in regola, è passato davanti ai finanzieri mentre erano impegnati in un’altra attività d’indagine. È successo a Castenedolo poco più di un anno fa e quell’autocarro si è rivelato non solo carico di rottami, ma anche di spunti investigativi che, approfonditi, hanno portato a risultati importanti. Nei guai sono finite nove persone, residenti in otto casi a Brescia o in provincia e in un caso in Spagna. Devono rispondere a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, ricettazione, emissione e annotazione di fatture per operazioni inesistenti. Le false fatture, in particolare, sono state emesse per un ammontare pari ad oltre 3 milioni di euro. La Guardia di Finanza ha sequestrato beni, principalmente automobili, e conti correnti per oltre 2,5 milioni. Dalle indagini è emerso che in sei casi si trattava di quel tipo di «imprenditori» che non mancano mai quando si contrasta il reato delle false fatturazioni: le «teste di legno». Gente che non ha intestato nulla, che emette fatture false e non conosce dichiarazioni dei redditi. Le fatture venivano poi annotate come falsa contabilità da parte delle altre imprese. Erano loro a prelevare il materiale ferroso in nero e a girarlo agli altri tre. LE INDAGINI, coordinate dalla procura di Brescia, sono state particolarmente complesse. Se all’inizio da parte degli investigatori del Gruppo della Guardia di Finanza di Brescia, si è proceduto con i controlli incrociati poi si è passati a indagini tecniche vere e proprie in cui ci sono state anche intercettazioni. Le aziende interessate sono in un caso a Castenedolo e negli altri nella zona a sud di Brescia. Ancora una volta quindi, in questo caso collegato a reati nel settore dei rifiuti non pericolosi, viene alla ribalta delle cronache della provincia il fenomeno delle false fatturazioni. Un territorio dinamico e sano, quello bresciano, in cui però ci sono granelli di sabbia negli ingranaggi. • © RIPRODUZIONE RISERVATA