LA STORIA

Salvatore, memorie tra alluvioni e umanità «Vive in me il ricordo del camion per le emergenze e il ritorno a casa coperto di fango»

Salvatore Affinito, al centro, con due colleghi nel cortile del Broletto
Salvatore Affinito, al centro, con due colleghi nel cortile del Broletto
Salvatore Affinito, al centro, con due colleghi nel cortile del Broletto
Salvatore Affinito, al centro, con due colleghi nel cortile del Broletto

Salvatore  Affinito, nato a Napoli nel 1922, vive a Brescia ed è iscritto all'Anps (Associazione nazionale della polizia di Stato)  dal 2 ottobre 1985. Nel 2018 dall'allora prefetto di Brescia Annunziato Vardè ha ricevuto la medaglia della Liberazione.  Ricorda nitidamente le alluvioni. Il campanello che suona in piena notte e l’autocarro Fiat 666 che passa a prenderlo. Poi, prima di raggiungere la Valle Camonica, la tappa alla Centrale del latte. Pane e latte, la vita, da portare sui monti dove il fiume ingrossato dalle piogge aveva devastato, ucciso. 

SALVATORE  AFFINITO, prima aviere sopravvissuto a una guerra mondiale, poi poliziotto pronto a fare in modo che anche gli altri potessero sopravvivere. La prima volta, nel ’53, quando il campanello suonò alle due di notte. Funzionava così, allora. Campanello, uniforme e partenza. Il ritorno? Con tanto fango addosso da doversi cambiare in cantina. Tra le alluvioni dell’appuntato  Affinito c’è anche quella che l’ha costretto a percorrere la «via Mala», perché le altre strade erano impraticabili. «I massi sfioravano il camion», è stampato nella mente. «Sembrava l’inferno» racconta con una lucidità che traspare dallo sguardo prima ancora che dalle parole.

LA STESSA LUCIDITÀ con cui ricorda i 18 anni trascorsi prima di diventare di ruolo. Anni in cui anche la mutua sembrava una conquista irraggiungibile. Ma arrivò, e il poliziotto  Affinito ebbe, alla fine anche il colloquio per entrare in polizia, non più precario, ma a tutti gli effetti. «Sei basso» gli dissero e lui, pronto: «Mi sono consumato camminando per voi. Per 18 anni». Giorno e notte. Camminare e camminare ancora. In mezzo le alluvioni e il sonno, si fa per dire, di quei giorni durissimi, sulla paglia. Anni in cui chi sfidava la legge non mancava di creatività come il ladro che «salì su un taxi e da Brescia venne catturato solo a Iseo».  Affinito imparò presto che è il delinquente, innanzitutto, a tener d’occhio il poliziotto. «Ma quando finisci il turno?», gli chiedeva B., detenuto piantonato in ospedale. E  Affinito: «Non preoccuparti». Invece  Affinito si preoccupava al punto d’esternare la convinzione di una possibile fuga al collega che montava di servizio con lui. «Tranquillo, non succede niente», fu la risposta. Invece successe e B. nel turno di guardia successivo evase. «Il mio collega - ricorda  Affinito - non resse a quanto accaduto, la fece finita».

LA DIVISA, sin da allora come motivo d’orgoglio, come ragione di vita. Come qualcosa che andava al di là di una professione. Era una Brescia, quella di allora che viaggiava su tre sole linee di filovia, quella dei primi anni in città dell’appuntato  Affinito. La fame per tanti era compagna di vita nella quotidianità. E le nebbie, quelle vere, spesse, venivano attraversate in bicicletta di notte e di giorno. Lui, la coltre grigia l’aveva già assaggiata durante la guerra. La moglie l’aveva conosciuta durante il viaggio dal Sud a Brescia, quando non capiva perché il vetro del finestrino rimanesse grigio nonostante continuasse a pulirlo. Anni duri, prima la casa in via San Faustino, poi nella zona di via Lamarmora. Ma tra molte difficoltà si è sviluppata un’umanità che non l’avrebbe più lasciato. Che all’ufficio passaporti gli avrebbe consentito di sfoderare una sensibilità in grado di trasformare anche la burocrazia in passione. Quella per la polizia.

Suggerimenti