Schuwerk, l’architetto «tradito» da Brescia fa grande la Norvegia

di Eugenio Barboglio
Quasi venti anni fa disegnò il Musil mai nato al Comparto Milano. Ora è suo il progetto del più importante museo della Scandinavia. Il professionista berlinese ha realizzato una mega struttura per l'arte a Oslo.
Il Museo d'arte e design progettato dallo stesso tedesco che disegnò il Musil per Brescia
Il Museo d'arte e design progettato dallo stesso tedesco che disegnò il Musil per Brescia
Il Museo d'arte e design progettato dallo stesso tedesco che disegnò il Musil per Brescia
Il Museo d'arte e design progettato dallo stesso tedesco che disegnò il Musil per Brescia

Klaus Schuwerk, l’architetto tedesco che nel 2004 vinse il concorso per la progettazione del Musil ha assistito qualche giorno fa alla inaugurazione del National museum of Norway di Oslo. Un suo progetto, redatto 8 anni fa, e che l’11 giugno scorso ha visto la luce. Un mega progetto, si tratta infatti del più grande museo della Scandinavia. Lo stesso architetto che per otto anni ha seguito l’avverarsi di un sogno al di sotto del circolo polare artico, da 18 anni se ne sta invece alla finestra con vista Comparto Milano, in attesa che qualcosa si muova, e che il suo progetto ormai datato 16 anni diventi realtà. Ma Schuwerk, che si divide tra Berlino e Napoli, per lo meno ha stemperato la delusione bresciana nell’entusiasmo norvegese, mentre ai bresciani resta solo la delusione per il museo mai nato.

Il progetto per la sede centrale del Museo dell'industria e del lavoro (Musil) di Brescia, ancora irrealizzato
Il progetto per la sede centrale del Museo dell'industria e del lavoro (Musil) di Brescia, ancora irrealizzato

«Rispetto ad altre proposte progettuali assai più “spinte“ i due architetti berlinesi hanno optato per una soluzione fortemente conservativa dei volumi e dei profili degli edifici industriali, inserendo però convincenti elementi di dialogo con la piazza che separerà il Musil dall’attuale laminatoio Bisider e con lo spazio aperto che lo separa dal perimetro cimiteriale. Previste anche alcune soluzioni suggestive, a cominciare da uno specchio d’acqua che evocherà la presenza in zona del Fiume Grande. Il progetto tedesco guarda anche alla funzionalità attraverso un soppalco che, in alcuni punti, consentirà di aumentare le superfici destinate a collezioni, biblioteca e aree di consultazione».

Così scriveva Bresciaoggi nel 2004, quando venne svelato il progetto del Musil vincitore del concorso. A favore di Schuwerk, che allora era con il collega Jan Kleihues, si era pronunciata un po’ a sorpresa la commissione presieduta da Aurelio Galfetti, e che comprendeva anche guru dell’architettura internazionale come Roncalo Byrne, Esteban Bonelle e Rudy Ricciotti. La commissione aveva preferito nonostante la giovane età - allora Klaus aveva 37 anni - il rigore e il minimalismo dei berlinesi ad un lotto di concorrenti, tra cui studi rinomati, da Rocha a Gregotti, da Benoit Cornette a Pica Ciamarra. Inizialmente le proposte arrivate al Comune di Brescia furono 32, ma dopo una prima selezione si ridussero a dieci. Era stato quello forse il più prestigioso e anche l’unico concorso di architettura che Brescia abbia mai organizzato a livello internazionale. E il fatto che ad Oslo abbia vinto lo stesso professionista che aveva vinto a Brescia è in fondo una conferma ex post di quella scelta. Peccato però che quanto il tedesco aveva immaginato per perpetuare la memoria industriale di una delle città più industriali d’Europa non si sia mai realizzato.

Un'altra immagine del Museo norvegese appena inaugurato
Un'altra immagine del Museo norvegese appena inaugurato

Al contrario di quanto è successo in Norvegia, dove in otto anni su una superficie complessiva di 54.600 mq sono stati allestiti 13.000 mq di spazi espositivi in grado di ospitare 6.500 opere esposte «a rotazione» in 86 stanze su due piani. Senza considerare gli ambienti per mostre temporanee di artisti norvegesi e internazionali, laboratori didattici, sale riunioni, un auditorium, una biblioteca d’arte, uffici, laboratori di conservazione, depositi, un negozio e una caffetteria. Pezzo forte delle collezioni è sicuramente la versione dell’Urlo realizzata da Edvard Munch nel 1863. Proprio come nel Musil l’elemento caratterizzante doveva essere la torre di venti metri vuota in listoni di calcestruzzo, ad Oslo è la «Light Hall», uno spazio flessibile e multifunzionale per mostre temporanee, con una superficie di 2.400 mq ed una altezza di circa 7 metri sulla sommità del basamento – come un Partenone sull’Acropoli – che si affaccia su un’ampia terrazza panoramica con vista spettacolare sul fiordo.

«Un museo è in un certo senso il tempio del nostro tempo e – sembra pretenzioso – ma ho sempre voluto progettare il mio Partenone. Quando mi sono seduto a disegnare, ho avuto l’idea di un basamento, che è ciò su cui poggia il tempio e che, nel nuovo Museo Nazionale, è costituito dalla facciata in pietra. All’interno di questa base ci sarebbe stato un museo ‘classico’, un edificio perfetto con un buon ordine di stanze e con equilibrate proporzioni»: è quanto ha detto l’architetto Schuwerk in occasione dell’apertura al pubblico del museo nazionale norvegese. Probabilmente non sapremo mai se suppergiù parole simili avrebbe utilizzato a Brescia per l’inaugurazione del museo dell’industria e del lavoro. E comunque vedrebbe non più il suo progetto originario, con cui vinse il concorso, ma il suo rimaneggiamento che gli fu commissionato successivamente, nella ricerca di dar quadrare i conti con l’esigenza espositiva.•.

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