IL DIBATTITO

Scuola, dopo il Covid la nuova emergenza è il caro-energia

di Mimmo Varone
La settimana corta farebbe risparmiare sul riscaldamento e sulle corse degli autobus Sconvolgerebbe però gli orari: la maggior parte degli istituti bresciani è contraria
Tra poco più di tre settimane riprenderà la scuola: con i vecchi problemi?
Tra poco più di tre settimane riprenderà la scuola: con i vecchi problemi?
Tra poco più di tre settimane riprenderà la scuola: con i vecchi problemi?
Tra poco più di tre settimane riprenderà la scuola: con i vecchi problemi?

La scuola bresciana torna agli orari di sempre. Da settembre si entra alle otto e si esce all’una salvo consuete eccezioni. E’ un ritorno «secco» al 2019, e anche il trasporto pubblico si adegua cancellando i doppi turni di ingresso e uscita. Ma se l’emergenza pandemica si ritiene chiusa, salvo varianti autunnali del virus, un’altra emergenza si affaccia all’orizzonte. Si chiama «caro energia» e durante l’inverno prossimo potrebbe obbligare gli studenti a indossare qualche maglione più pesante per stare al caldo. L’ipotesi di settimana corta lanciata dal direttore dell’Ufficio scolastico territoriale (Ust) Giuseppe Bonelli a metà giugno per risparmiare sul riscaldamento, è durata l’arco di un mattino. A parte i pochi istituti che già la praticano, nessuno vuole sentirne parlare. Per rivoluzionare gli orari scolastici in periodo pandemico non sono bastati neanche i decreti emergenziali del Governo. C’è voluta la determinazione della Prefettura bresciana che ha dettato la linea e richiamato tutti alle proprie responsabilità. Ma allora era in questione la salute, ora si tratta di risparmi, e l’autonomia scolastica può tirar dritto senza condizionamenti di sorta.

Spegnere i riscaldamenti il venerdì pomeriggio e riaccenderli il lunedì mattina comporterebbe un bel risparmio per la Provincia che deve riscaldare 158 edifici scolastici delle superiori e 40 palestre. E uguale sarebbe per la Loggia con le sue cento scuole materne elementari e medie con relative palestre. Qualche risparmio arriverebbe anche per il trasporto pubblico, che ne avrebbe un gran bisogno con la difficoltà a far quadrare i conti non solo per il caro carburanti. Ma significherebbe rivoluzionare l’orario delle lezioni, e dopo due anni di pandemia nessuno vuole più sentirne parlare. «La settimana corta è tornata nelle ipotesi più remote», ammette Bonelli mentre precisa di aver avuto anche interlocuzioni «a livello alto» per esplorare la possibilità di un decreto legge che la supportasse. Ma con il Governo in alto mare e le elezioni imminenti non c’è neanche da pensarci.

D’altronde la stessa Provincia, nei tempi addietro si era mossa nella stessa direzione con i medesimi risultati. E Filippo Ferrari, il consigliere provinciale con delega all’Edilizia scolastica, può solo dire che «quando il Governo ci imporrà di abbassare la temperatura nelle aule lo faremo». Potrà essere di due gradi, o forse anche di più. Con il metano alle stelle l’ipotesi non è affatto peregrina, e ridurre i costi di gestione delle scuole diventa un imperativo. In misura più limitata ne gioverebbe anche il trasporto pubblico alle prese con i conti che non tornano. «Fermare i pullman studenteschi di sabato sarebbe un risparmio – conferma il presidente dell’Agenzia del Tpl Giancarlo Gentilini -, anche se gli studenti finirebbero più tardi negli altri giorni e dovremmo aggiungere delle corse in più al pomeriggio».

Per un momento Gentilini ha anche pensato che la cosa fosse possibile, visto il grande risparmio che ne verrebbe soprattutto per la gestione degli edifici scolastici. Tuttavia, «per costruire un nuovo modello di trasporto avremmo bisogno degli orari delle lezioni – ammette -, senza i quali andremmo incontro a un caos organizzativo». Va da sé che non si parla più nemmeno di doppio turno. I residui dell’emergenza Covid nelle scuole si limitano all’obbligo delle Ffp2 per gli studenti fragili e nient’altro. «Per il resto in tema di Covid le linee giuda del Ministero rimandano alle norme generali sanitarie», conferma Bonelli. Dunque, anche per l’Agenzia non ci sono elementi per discostarsi dalla gestione ordinaria del trasporto. Ci vorrebbe un decreto, in base al quale la Prefettura potrebbe dettare la linea, com’è accaduto nel biennio scorso. Ma non c’è, e al momento «cominciamo a ragionare sui dati che ci arrivano dall’Ust – precisa Gentilini -. Per ora abbiamo solo quelli relativi alle iscrizioni nei diversi istituti, e cerchiamo di dedurne i possibili flussi studenteschi. Per poter programmare il servizio dobbiamo aspettare che arrivino gli orari definitivi». E se ne parlerà ai primi di settembre. •.

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