Le reazioni

«Settore trasporti, una crisi conclamata ormai da tempo»

n provincia mancano 3.000 autisti «ma adesso emerge anche un senso di forte demotivazione. E le patenti costano troppo»

«Un mestiere che ingiustamente, nel tempo, ha perso tutto il suo appeal, nonostante sia una delle professioni più belle e importanti per l’intera economia nazionale». Non ha alcun dubbio Sergio Piardi, presidente provinciale della Fai (Federazione autotrasportatori italiani) riguardo la validità di un settore «fondamentale anello di congiunzione tra produttore e consumatore», oggi alle prese con una profonda crisi dettata dalla mancanza di personale. Un quadro complesso che parte da lontano e che oggi, per il Bresciano, si traduce in un «ammanco» di almeno 3mila autisti (in Italia ne mancano oltre 20 mila) nelle 2.400 ditte locali. Una situazione che presenta criticità ben identificate, a partire proprio dalla disaffezione verso una professione che richiede grossi sacrifici: «Se qualcuno va in pensione non c’è più un turnover - sottolinea Giuseppina Mussetola, consigliera Fai -. Le motivazioni sono varie, a partire dal costo eccessivo per conseguire le patenti necessarie (C, Cqc e CE): migliaia di euro spesso insostenibili per un ragazzo che deve iniziare a lavorare o per un uomo che ha famiglia. Una questione che è sfociata in maniera evidente con l’abolizione della leva militare: all’epoca in molti tornavano a casa con la patente dei camion che convertivano da militare a civile».

Ma non è l’unico fattore critico: «Ultimamente si respira una forte demotivazione, dovuta a una tipologia di lavoro imposta dai committenti che obbligano i camionisti a sottostare a lunghissimi tempi di attesa nella fase di carico e scarico. Spesso bloccati anche per una giornata intera, provocando insoddisfazione nei camionisti che invece di stare fermi vorrebbe tornare a lavorare, e di perdite di introiti per l’azienda impossibilitata a fare altri viaggi avendo camion e autisti bloccati - spiega la consigliera -. Per risolvere la questione sarebbe sufficiente che la committenza organizzasse gli orari di consegna evitando file e attese inutili e controproducenti. Senza contare che le ore in cui si resta al “palo” non sono da mettere in fattura».

A peggiorare un quadro già complesso poi la guerra, che ha richiamato in patria tantissimi camionisti ucraini, e la pandemia che ha portato molti autotrasportatori stranieri a spostarsi in nazioni in cui non era previsto l’obbligo vaccinale. «Oltre alle troppe responsabilità che hanno sulle spalle - aggiunge Mussetola -: normative italiane, europee, tempi di guida, di riposo. Purtroppo alcune forze dell’ordine fanno cassa comminando multe salatissime per semplici errori e umane disattenzioni». Intanto alcuni fondi sono stati stanziati da Regione e ministero dei Trasporti per risolvere parzialmente il «nodo-patenti».

Non sufficienti, a quanto pare: «Non ci sono risorse umane perché non vengono pagate adeguatamente - dice Mario Bresciani, segretario generale della Fit-Cisl -. La vita del camionista ti porta a stare fuori casa tanto tempo e le spese sono ingenti. E ricordiamoci che le cosiddette “trasferte Italia” non sono pensionabili. E’ necessario costituire un tavolo di discussione a livello regionale per affrontare il tema congiuntamente alle parti sociali. Sono in molti a chiedere di poter andare a lavorare da Amazon: meno responsabilità e la sera si torna a casa a dormire».

Una crisi che non riguarda solo il trasporto merci ma, in forma minore, anche quello pubblico (in provincia mancherebbero circa il 10 per cento): «Difficoltà estese in tutta Europa e le motivazioni non solo solamente economiche ma anche storiche e sociologiche - tiene a specificare Angelo Costa, presidente del settore Trasporti Confindustria Brescia e amministratore delegato di Arriva -. In questo periodo nell’ambito di Confindustria stiamo lavorando alla creazione di una Drive Academy per aiutare i giovani ad avvicinarsi alla professione, aiutandoli in questo modo a superare lo scoglio economico». M.Gia.

Suggerimenti