Superiori, le porte sono aperte. Ma entrano anche i timori

di Biancamaria Messineo
Le scuole superiori bresciane tornano ad accogliere i ragazzi FOTOLIVEIrene, Marta e Chiara al rientro in quinta all’istituto De AndrèIn classe, rispettando le norme di sicurezza: è la ripartenza a Brescia
Le scuole superiori bresciane tornano ad accogliere i ragazzi FOTOLIVEIrene, Marta e Chiara al rientro in quinta all’istituto De AndrèIn classe, rispettando le norme di sicurezza: è la ripartenza a Brescia
Le scuole superiori bresciane tornano ad accogliere i ragazzi FOTOLIVEIrene, Marta e Chiara al rientro in quinta all’istituto De AndrèIn classe, rispettando le norme di sicurezza: è la ripartenza a Brescia
Le scuole superiori bresciane tornano ad accogliere i ragazzi FOTOLIVEIrene, Marta e Chiara al rientro in quinta all’istituto De AndrèIn classe, rispettando le norme di sicurezza: è la ripartenza a Brescia

Primo giorno di scuola per la terza volta nello stesso anno scolastico. Le superiori bresciane hanno riaperto di nuovo, dopo il lungo periodo di zona arancione rafforzata e rossa, iniziato a fine febbraio. Così ieri, con il cambio di colore della Lombardia ora arancione, gli studenti sono tornati fisicamente in classe dopo le settimane di Dad. Stavolta però l’emozione è stata sotto tono, soppiantata da una consapevolezza più dura e da una buona dose di scetticismo: lo sanno bene gli studenti del liceo delle Scienze umane «Fabrizio De André». Sono arrivati davanti ai due ingressi sotto una pioggerella leggera, pochi alla volta, qualcuno a piedi, altri accompagnati dai genitori. Le folle di alunni che al suono della campanella entravano in massa dalle cancellate sono un ricordo: i ragazzi hanno varcato le entrate col contagocce, qualcuno di loro ha lanciato un grido di saluto ed è corso verso l’amico, per poi bloccarsi a poco meno di un metro di distanza e salutarlo con un cenno. Tutti sanno ormai come comportarsi, e tutti sono a conoscenza del funzionamento di questa «nuova» scuola in presenza: la didattica, per ora, sarà al 50%, una settimana a casa e una in classe. In questo caso, per raggiungere le aule, bisogna seguire percorsi diversi nell’edificio, nel quale non è possibile circolare liberamente, né uscire nelle aree esterne; per recarsi in bagno è necessaria la registrazione dell’insegnante e abbassare la mascherina per mangiare e bere nei momenti di pausa è possibile solo se la distanza dagli altri è di almeno 1 metro. Disposizioni per un «rientro in sicurezza», anche se gli studenti non sono convinti, le loro speranze sono state disattese troppe volte: il rientro a settembre, lo stop a dicembre, il ritorno a gennaio e il blocco a marzo. Poi il nuovo via libera di ieri: da una parte c’è quindi la consapevolezza dell’utilità delle lezioni in presenza rispetto alla Dad, dall’altra c’è quella sul rischio per i nuovi contagi, che molti hanno vissuto da vicino. «Nella nostra classe abbiamo due compagni in quarantena fiduciaria – dice Chiara, in quinta –; il problema è che tutti a casa abbiamo genitori e a volte anche situazioni delicate. Noi magari la passiamo con un raffreddore, poi però rischiamo di passarla alle persone a cui vogliamo bene. Pensano che non possa girare un virus nelle classi?». Sulla stessa linea la compagna Marta: «Sarebbe stato meglio aspettare fino alla fine di aprile e aprire definitivamente a maggio, per l’ultimo mese, quando la situazione si sarà stabilizzata – sottolinea –, andare avanti e indietro una settimana sì e una no, non ha molto senso». A metà, proprio tra il sì e il no, ci sono Mattia e Ilario, entrambi in 1a C: «Se sono contento? Dipende, per un certo verso rivedo i miei compagni ed è più facile apprendere – spiega Mattia –, però sono preoccupato per il pericolo dei contagi, perché mio padre ha problemi di cuore». La pensa così anche l’amico: «Mio papà sarà operato la prossima settimana – prosegue Ilario –, tornare in presenza permette di imparare meglio, ma il rischio aumenta». Lo crede anche Irene Bassi, 5a C: «Bisognava aspettare che la situazione si stabilizzasse un po’ di più – ammette –: certo è che, essendo in quinta, essere in presenza risulta più utile». Ancora più netta Benedetta, di 4a A: «Non sono contenta della riapertura delle scuole – rivela –, aprire è stata una decisione sbagliata». E per il futuro c’è altrettanto scetticismo: «Sicuramente con le lezioni in aula c’è la possibilità di concentrarsi di più – ammette Martina, anche lei di 4a A –, però so già che tra qualche tempo potrà tornare un nuovo lockdown e mi chiedo che senso abbia tutto questo. Non condivido la decisione di tornare in presenza». Risponde in coro un’altra quinta: «Non siamo contenti, abbiamo avuto compagni contagiati dal Covid, sappiamo cosa significa. Ci sono ancora troppi casi e siamo preoccupati, non era il momento di riaprire». •.

Suggerimenti