Terza dose di vaccino «Medici disponibili Ma servono i mini hub»

di Silvana Salvadori
L’ipotesi in cantiere è quella di avviare la somministrazione delle terze dosi di vaccino anti Covid da gennaio 2022
L’ipotesi in cantiere è quella di avviare la somministrazione delle terze dosi di vaccino anti Covid da gennaio 2022
L’ipotesi in cantiere è quella di avviare la somministrazione delle terze dosi di vaccino anti Covid da gennaio 2022
L’ipotesi in cantiere è quella di avviare la somministrazione delle terze dosi di vaccino anti Covid da gennaio 2022

I grandi hub vaccinali dovrebbero chiudere nel giro di qualche mese, una volta raggiunta l’immunità di comunità (l’obiettivo è l’80 per cento dei vaccinati in Italia entro settembre). Sars-Cov-2, però, in autunno non sarà scomparso e sarà necessario proseguire la campagna vaccinale anche se non gestita più come emergenziale. Se l’accordo con i farmacisti per la somministrazione è ormai cosa fatta, ora si guarda anche a medici di medicina generale e pediatri di libera scelta per la terza dose che, se confermata, dovrà essere somministrata già da gennaio 2022. Secondo Bruno Platto, segretario dell’Ordine dei Medici di Brescia, i nodi da sciogliere sono ancora molti e tutt’altro che banali: «La scienza deve dirci se la terza dose sarà necessaria, e se sì, bisognerà sapere con quale vaccino. Chi ha ricevuto Pfizer con le prime due dovrà proseguire con quello? E i giovani insegnanti che hanno ricevuto Astrazeneca? Altro dettaglio non trascurabile – prosegue Platto -: dobbiamo avere un conteggio veritiero dei numeri, non si può chiedere ai medici di base di vaccinare sessanta milioni di italiani e continuare a fare anche il proprio lavoro. In questi diciotto mesi è stato complicato seguire i cronici, ma ora non possiamo più rimandare». Anche Angelo Rossi, segretario provinciale di Fimmg, pone dubbi sull’organizzazione di una partita così grande: «L’unica strada percorribile in tempi brevi è quella di mantenere attivi piccoli hub periferici per riuscire a coprire il distretto in modo capillare, non si può riversare tutto il lavoro sui singoli studi, è uno sforzo organizzativo che non si può compiere in così poco tempo». Secondo Rossi sarebbe tutto più semplice se, anche nel Bresciano come accade già in Emilia e in Toscana, fossero attive le Case di comunità dove professionisti diversi condividono gli stessi spazi «e quindi avremmo già a disposizione il personale infermieristico e amministrativo per gestire una campagna vaccinale. Purtroppo su questo fronte si è perso tempo, quindi ora bisogna correre con l’organizzazione partendo però con vere risorse economiche a disposizione». Altro nodo da sciogliere è l’adesione degli stessi medici alla campagna vaccinale: «Finora è stata su base volontaria – ricorda Rossi -, ma se le cose andranno in questo modo, bisognerà prevedere modalità diverse per sollecitare la partecipazione dei colleghi». In attesa che la scienza e la politica diano risposte, Rossi e Platto assicurano che «non c’è nessuna preclusione affinché l’eventuale terza dose venga somministrata negli studi medici, ma per organizzarla è necessario rimboccarsi le maniche da subito». Senza contare che, più o meno nello stesso periodo, ci sarebbe anche la somministrazione del vaccino antinfluenzale annuale, soprattutto per le categorie più fragili.•.

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