la storia

L'attivista bresciana: «Tra i migranti porto la mia umanità»

di Marta Giansanti
Barbara Bertocchi, impegnata negli hotspot greci e bosniaci, sulla la rotta balcanica tracciata per raggiungere un futuro migliore, racconta : «Posto sui social l'annuncio e immediatamente si attiva un'incredibile macchina della solidarietà»
Barbara Bertocchi parte da Brescia con bagagli pieni di vestiti e scarpe, di sacchi a pelo, di materiale scolastico per i bambini e di prodotti per l'igiene intima, raccolti nelle incessanti richieste arrivate da tutta Italia
Barbara Bertocchi parte da Brescia con bagagli pieni di vestiti e scarpe, di sacchi a pelo, di materiale scolastico per i bambini e di prodotti per l'igiene intima, raccolti nelle incessanti richieste arrivate da tutta Italia
Barbara Bertocchi parte da Brescia con bagagli pieni di vestiti e scarpe, di sacchi a pelo, di materiale scolastico per i bambini e di prodotti per l'igiene intima, raccolti nelle incessanti richieste arrivate da tutta Italia
Barbara Bertocchi parte da Brescia con bagagli pieni di vestiti e scarpe, di sacchi a pelo, di materiale scolastico per i bambini e di prodotti per l'igiene intima, raccolti nelle incessanti richieste arrivate da tutta Italia

«Legamenti rotti, schiena a pezzi in più punti per i soprusi e le violenze subìte. Gambe che non riescono più a sostenere un corpo stremato dal lungo cammino segnato dai colpi di manganello, dalle ferite dei morsi di cane. Visi distrutti dalle cadute». Sono solo alcune delle cose che Barbara Bertocchi ha visto e sentito nei suoi continui viaggi da «attivista indipendente» negli hotspot greci e bosniaci, la rotta balcanica tracciata dai migranti per raggiungere un futuro migliore del presente. Partire da Brescia con bagagli pieni di umanità ma soprattutto di vestiti e scarpe, di sacchi a pelo, di materiale scolastico per i bambini, di prodotti per l'igiene intima, raccolti nelle incessanti richieste di aiuto lanciate dal suo profilo Facebook e arrivati da tutta Italia. Una «missione» cominciata nel 2019 dopo una lettura a dir poco folgorante. «Se fosse tuo figlio»: il libro che le ha dato una «nuova prospettiva di vita». «Da quel giorno ho iniziato a interessarmi di migrazioni e ho scoperto una realtà fatta di ingiustizie, di cattiverie gratuite e disumane contro persone stanche, sole e, soprattutto, senza alcuna colpa. Inizialmente erano spedizioni "leggere", ma è bastato poco a capire che non era abbastanza e che potevo fare molto di più - ricorda l’attivista -. Ho conosciuto Morteza e la sua famiglia afgana, rifugiati nel campo profughi di Lesbo e li ho sostenuti con cibo e vestiti. Nel frattempo mi raccontavano di quante persone fossero in difficoltà». Nasce così il progetto «Una famiglia alla volta» che si nutre della generosità di privati. «Mandavo a Morteza i soldi raccolti per fare la spesa, tutto certificato da foto di scontrini, carrelli colmi e distribuzione - specifica - mentre io dall’Italia spedivo la grande quantità di materiale donato». Perché è impossibile smentire il grande cuore dei bresciani e degli italiani.

Motivo che ha portato Barbara ad allestire un proprio spazio all’interno di un capannone di Pralboino per far fronte alla mole di richieste: centinaia in questi anni. Oggi gli aiuti sono dirottati su quattro principali canali: Atene, Lesbo, Italia e Bosnia dove la situazione è in costante mutamento. «Il campo principale bosniaco è stato chiuso perché dava fastidio agli abitanti. La soluzione inconcepibile è stata quella di aprirne un altro in mezzo alle foreste, sperso nel nulla. Questi centri sono luoghi in cui viene calpestata la dignità. Campi murati, discariche a cielo aperto senza igiene, da dove è difficile uscire o entrare, costantemente controllati da commandi neri, colpevoli di atrocità e violenze indicibili. E, in tutto questo, chissà quanti richiedenti asilo troveranno pace, chissà quanti potranno finalmente respirare liberi senza provare un continuo e incessante dolore»: un pensiero che porta Barbara a promuovere eventi benefici (coordinate bancarie e indicazioni sul suo profilo Fb). «Posto su facebook l’annuncio e immediatamente si attiva un’incredibile macchina della solidarietà».

Cibo, abiti, giocattoli, coperte, consegnati personalmente dall’attivista bresciana. «Le donazioni economiche per la spesa alimentare in Bosnia ma anche in Italia per chi dorme in strada sono fondamentali - sottolinea -. Io mi muovo una volta ogni tre mesi e cerco di alternare i due Paesi. Lo faccio perché è giusto così ma sarebbe tutto più facile se ognuno di noi, nel suo piccolo, facesse qualcosa. Piccoli gesti per combattere le ingiustizie affinché ogni persona sia considerata tale. Non dovrebbe essere una fortuna nascere nella parte giusta del pianeta, nessuno dovrebbe essere condannato a vivere in quelle condizioni, mai». •.

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