GLI SVILUPPI

Tragedia di Nuvolento, un sostegno per il figlio testimone dell’omicidio

di Mario Pari
La Procura dei minori ha aperto un fascicolo. L'obiettivo è attivare un percorso di protezione perché possa superare quanto accaduto
Carabinieri impegnati davanti all’abitazione in cui sabato scorso è avvenuto  l’accoltellamento mortale
Carabinieri impegnati davanti all’abitazione in cui sabato scorso è avvenuto l’accoltellamento mortale
Carabinieri impegnati davanti all’abitazione in cui sabato scorso è avvenuto  l’accoltellamento mortale
Carabinieri impegnati davanti all’abitazione in cui sabato scorso è avvenuto l’accoltellamento mortale

Protezione, questo è il primo passaggio. E che lui, quindici anni e gli ultimi giorni destinati a rimanere per sempre come durissimi, abbia bisogno di tanta protezione è poco ma sicuro. La procura dei minori di Brescia si è già attivata in tal senso. Obiettivo: un percorso di sostegno con il possibile coinvolgimento del tribunale dei minori. È quanto è emerso nelle ultime ore sull’omicidio di Nuvolento. Qui Raffaella Ragnoli sabato scorso ha ucciso a coltellate il marito Romano Fagoni davanti agli occhi del figlio.

Tensioni familiari che spesso si riversavano sul quindicenne

Quella del ragazzo era un’adolescenza che doveva fare i conti con parecchie tensioni familiari. Riguardavano i rapporti tra i genitori, ma talvolta finivano con il riversarsi anche su di lui. Che non si tirava indietro quando c’era da fare il possibile per riportare la pace tra i genitori. Ed era successo anche sabato scorso. «I toni sempre più accesi del diverbio - scrive il gip - avevano, peraltro, indotto il figlio minore - che sino a quel momento era rimasto all’interno della sua camera intento a fare i compiti - a raggiungere i genitori in cucina e a cercare di sedare gli animi, invitando gli adulti a postergare ogni decisione al riguardo ai giorni successivi».

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E poi: «La donna si era, quindi, recata in camera da letto, ove aveva prelevato un pacchetto di sigarette da lei nascosto qualche tempo prima e lo aveva lanciato al marito. Sennonché il figlio era intervenuto raccogliendo il pacchetto di sigarette, restituendolo alla madre e invitando quest’ultima a non consegnarlo al padre per evitare che costui potesse un giorno accusarla d’aver voluto il suo male (accusa, peraltro, che l’uomo le aveva appena mosso in quel frangente)».

Quindi, momenti sempre più drammatici: «Fagoni Romano, indispettito dalle affermazioni dei congiunti ed in specie da quelle del figlio (che seguitava nel vano tentativo di farlo “ragionare”), si era a un certo punto portato le mani al capo, tenendo i gomiti poggiati sul tavolo, e aveva fissato con lo sguardo il ragazzo chiedendogli: «Vuoi vivere o vuoi morire?».

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Dopo l’ovvia risposta del ragazzo («Voglio vivere! ») egli aveva esternato il proprio proposito di suicidarsi, affermando che la moglie e il figlio sarebbero stati moralmente responsabili della sua morte. Il ragazzo respingeva, tuttavia, al mittente le accuse» sostenendo «che non si sarebbe sentito in colpa in caso di suicidio del padre, in quanto egli aveva sempre provato affetto per il genitore e lo aveva aiutato al momento del bisogno». Poi quei momenti sempre più drammatici fino al terribile epilogo, fino a quelle parole pronunciate nella telefonata in cui chiedeva aiuto, mentre cercava di indurre la madre a non colpire più il padre.

Il ragazzo ha già dato prova di grande forza in questa vicenda: «Nonostante il grave sconvolgimento emotivo, forniva un resoconto chiaro e dettagliato delle fasi della lite». Una testimonianza importantissima su quello che inevitabilmente si può definire lo spartiacque della sua esistenza. Su una cena finita in una tragedia immensa per il figlio: la morte del padre e il carcere per la madre.•.

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