L'INTERVISTA

«Trombosi: le complicanze del Covid fanno peggio dei vaccini»

di Lisa Cesco
La responsabile del Centro Emostasi degli Spedali Civili fa il punto sugli eventi avversi Martini: «Nei primi 5 o 6 giorni dall'iniezione attenzione ad alcuni sintomi: mal di testa, nausea o vomito, dolori addominali»
Disorientamento sul vaccino AstraZeneca, ora riservato agli over 60, dopo che l’Ema non ha escluso un collegamento con rari casi di trombosi venosa cerebrale e addominale
Disorientamento sul vaccino AstraZeneca, ora riservato agli over 60, dopo che l’Ema non ha escluso un collegamento con rari casi di trombosi venosa cerebrale e addominale
Disorientamento sul vaccino AstraZeneca, ora riservato agli over 60, dopo che l’Ema non ha escluso un collegamento con rari casi di trombosi venosa cerebrale e addominale
Disorientamento sul vaccino AstraZeneca, ora riservato agli over 60, dopo che l’Ema non ha escluso un collegamento con rari casi di trombosi venosa cerebrale e addominale

«Ho visto da vicino cosa significa essere malati di Covid, morire di Covid. Molti pazienti, anche giovani, li continuiamo a seguire perché hanno avuto complicanze tromboemboliche e devono assumere la terapia anticoagulante, dopo essere guariti. Sembra che tutto questo sia passato in secondo piano ora che l’attenzione è puntata sulle reazioni avverse al vaccino. Forse l’abbiamo accentuata troppo».

Giuliana Martini è responsabile del Centro Emostasi degli Spedali Civili e si occupa di trombosi da circa 30 anni. Analizza il disorientamento cresciuto attorno al vaccino Astrazeneca ora riservato agli over 60, dopo che l’Ema non ha escluso un possibile collegamento con rari casi di trombosi venosa cerebrale e addominale (222 segnalazioni su 34 milioni di vaccinazioni), accaduti soprattutto a donne giovani. Apprensioni rinfocolate di recente da un altro vaccino a vettore virale di cui si attende il verdetto, il monodose di Johnson & Johnson, con cui sono emersi 6 casi analoghi su 7 milioni di somministrazioni.

Dottoressa Martini, in cosa si differenziano le trombosi rare a seguito del vaccino da quelle che osservate comunemente nella pratica clinica? «La trombosi venosa è un evento non infrequente che colpisce prevalentemente gli anziani, con un’incidenza generale di 1-2 casi ogni mille abitanti all’anno, che cresce nelle età più avanzate. In questa casistica una piccola frazione riguarda trombosi in sede atipica, come quelle a vene del cervello o addome: nel nostro Centro vediamo 7-8 casi in un anno. Le trombosi venose cerebrali interessano soprattutto donne giovani, una buona quota è correlata all’uso della pillola anticoncezionale, che aumenta il rischio trombosi di 5 volte, in alcuni casi si tratta di persone con malattie ematologiche come la trombocitemia essenziale (piastrine alte), magari scoperte a posteriori. Invece nelle trombosi rare riscontrate dopo il vaccino AstraZeneca il meccanismo è diverso, e si lega a una piastrinopenia».

Il rebus di questi eventi avversi è proprio la presenza di un basso livello di piastrine (da cui ci si aspetterebbero emorragie), abbinata ad un evento opposto come la trombosi... «L’ipotesi è che si tratti di una reazione immunitaria. Il vaccino stimolerebbe lo sviluppo di alcuni anticorpi che vanno ad attaccare le piastrine, nello specifico un complesso di proteine (PF4) prodotte dalle piastrine. Questo attacco “consuma” le piastrine, quindi le abbassa (da qui anche qualche caso di emorragia) ma al contempo le “attiva” predisponendo alla trombosi. Qualcosa di simile lo osserviamo nella piastrinopenia da eparina, anticoagulante che può scatenare una reazione immunitaria analoga. Non possiamo escludere che sia il vettore virale utilizzato in vaccini come AstraZeneca a favorire questa reazione, ma c’è ancora molto da studiare».

Quindi i fattori di rischio normalmente collegati alle trombosi (età elevata, terapia ormonale, eccesso di fattori di coagulazione ecc.) in questo caso non sono rilevanti? «Allo stato non possiamo tracciare una correlazione perché si tratta di un meccanismo d’azione diverso, attivato da una reazione immunitaria, e non abbiamo test per valutare questa predisposizione. Lo stesso vale per chi ha già avuto una trombosi: i casi descritti non avevano precedenti di questo tipo. Non a caso sono interessate soprattutto le donne giovani, essendo il sistema immunitario femminile più attivo. Per i più giovani che devono fare il richiamo, va ricordato che i casi erano concentrati soprattutto dopo la prima dose. E agli over 70 che si stanno preparando al vaccino dico di farlo con tranquillità, perché il sistema immunitario degli anziani è meno reattivo e queste reazioni sono improbabili».

Secondo l’Università di Oxford il rischio di una trombosi venosa cerebrale è 10 volte maggiore se si prende il Covid rispetto a quello dovuto al vaccino. Non a caso l’eparina è parte integrante dei protocolli di cura anti-Covid. Ma siamo in grado di curare le peculiari tromboembolie seguite al vaccino? A quali sintomi prestare attenzione? «Possiamo curarle con anticoagulanti alternativi all’eparina e immunoglobuline che “legano” gli anticorpi atipici. Le percentuali di successo sono molto buone se la diagnosi è precoce: si può effettuare agevolmente con risonanza o Tac con contrasto a seconda del distretto corporeo. Per questo è importante sensibilizzare le persone perché prestino attenzione a campanelli d’allarme dopo 5-6 giorni dal vaccino, come forte mal di testa improvviso, nausea o vomito, o dolori all’addome atipici nel caso di trombosi addominali». •.

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