Folla a San
Martino: la storia
è spettacolo

di Alessandro Gatta
Il fumo della polvere da sparo tra le salve dei fucili di fanteria
Il fumo della polvere da sparo tra le salve dei fucili di fanteria
La battaglia di Solferino (Gatta)

«Oh Italia, possa tu sempre essere amata quanto costasti»: così diceva Edmondo De Amicis, autore del libro Cuore, dieci anni dopo la sanguinosa battaglia di Solferino e San Martino. Lui che il 24 giugno 1859 era stato testimone oculare di quanto accadde tra le colline moreniche del Garda.

 

TRE ESERCITI in campo, cannoni e granate, cavalli e baionette, 230 mila soldati, qui si fa l’Italia o si muore. E ne morirono tanti: più di 22 mila caduti, oltre 30 mila feriti, migliaia e migliaia di dispersi. De Amicis la definì una delle più grandi tragedie della storia, dove «vinti e vincitori erano stesi per terra alla rinfusa, come eguali e amici». Centosessanta anni dopo, all’ombra della Torre di San Martino la battaglia rivive ancora: c’erano più di 5 mila persone ieri pomeriggio ad assistere alla grandiosa rievocazione, più di un’ora ad altissima tensione mentre i cannoni tuonavano, i soldati si battevano, i fucili sparavano (tutti a salve), e poi le donne e gli infermieri, i caduti (per finta) raccolti dai commilitoni, gli applausi scroscianti del pubblico, la voce fuori campo che narrava i fatti, minuto per minuto. Tutta la battaglia raccontata nei minimi dettagli: la seconda guerra d’indipendenza italiana, l’esercito austriaco da una parte e quelli francese e sardo-piemontese dall’altra. Fu una grande battaglia: il fronte si estese a Pozzolengo e fino a Castelgoffredo, per circa 20 chilometri. Lo scontro vide la sconfitta dell’Austria, che perse la guerra e dunque anche la Lombardia: viene ricordata come primo concreto passo verso l’unità nazionale, ecco perché è tanto celebrata, e ricordata, nota in tutto il mondo anche per aver ispirato a Henry Dunant l’idea della Croce Rossa internazionale. Proprio le parole di Dunant riecheggiano dal microfono, quando i rievocatori (in tutto più di 270, arrivati da tutta Italia e oltre) sono in ritirata: «Uno spettacolo dei più raccapriccianti - scriveva Dunant – un campo di battaglia disseminato e cosparso di corpi morti, uomini e cavalli. Di quando in quando, s’incontrano pozze di sangue».

 

QUELLA DEL 24 GIUGNO fu una battaglia imprevista, almeno nelle sue circostanze, da entrambi gli schieramenti. Le forze in campo erano le stesse, più o meno: 120mila soldati a testa, austriaci e franco-piemontesi. I due eserciti, senza saperlo, si trovavano schierati frontalmente su due linee parallele e vicinissime: quasi per caso le colonne francesi e italiane vennero a contatto con le truppe austriache e combatterono dall’alba per un giorno intero, da Medole a Solferino, da Cavriana a Pozzolengo. La crudeltà della guerra, in scena per parlare di pace. Un monito sempre attuale, negli anni in cui le dense nubi della guerra si fanno sempre più fitte. A San Martino la battaglia è finita, ma non finisce la memoria: oggi è il giorno del ricordo e degli onori ai caduti, anche a Solferino (stamattina) e a Medole (stasera). A San Martino nel pomeriggio una messa anticiperà il concerto conclusivo del lungo weekend della rievocazione, alle 21.15 con la banda dell’Esercito italiano. Per l’occasione, sia a Solferino che a San Martino, sarà presente l’arciduca Carlo d’Asburgo-Lorena, nipote dell’ultimo imperatore d’Austria-Ungheria.

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