«L’ex ospedale abbandonato è l’unica ferita rimasta aperta»

di Luciano Scarpetta
Il sindaco Giampietro Cipani
Il sindaco Giampietro Cipani
Il sindaco Giampietro Cipani
Il sindaco Giampietro Cipani

Nella notte tra il 24 e il 25 novembre 2004 una scossa di magnitudo 5,2 della scala Richter sprigionò una forza equivalente a 20 mila tonnellate di tritolo, con un’accelerazione tra 25 e 50 centimetri quadrati al secondo. Solo nel golfo di Salò si contarono 1092 sfollati, 950 interventi di risanamento urbanistico ed edilizio di privati. Alla resa dei conti nel comprensorio vennero danneggiati 3.649 edifici privati, 183 pubblici (municipi, scuole, asili, ospedali), 315 chiese e 186 aziende per una stima complessiva di 215 milioni. «Ricordo ancora quella notte – racconta il sindaco di Salò Gianpiero Cipani –. Ero appena tornato a casa quando un minuto prima della mezzanotte iniziò a tremare tutto. Uscii di casa per raggiungere il Municipio tornando a casa due giorni dopo». Le prime tende furono allestite al campo Amadei tra il suono delle sirene di ambulanze e uno sciame di 800 operatori tra Vigili del fuoco e Protezione civile. Fortunatamente con il passare delle ore non si segnalarono decessi o feriti gravi e il quadro generale assunse contorni più definiti. «Con Guido Bertolaso responsabile all’epoca della Protezione Civile Italiana – rammenta Gianpiero Cipani – riuscimmo nei giorni seguenti a trasferire subito gli sfollati negli alberghi ed entro la fine dell’anno, grazie alla modifica della normativa per i contratti di affitto a termine, completammo il successivo trasloco negli appartamenti. Operazione non da poco – aggiunge – considerato che si stava parlando del 10% della popolazione comunale». L’intervento pubblico più oneroso riguarda il restauro del palazzo municipale con una spesa di 3,6 milioni di euro. Come purtroppo quasi sempre avviene in casi del genere, le scorie maggiori lasciate qui sul lago dal sisma sono per le strutture sanitarie. L’ospedale di Santa Corona a Fasano che ospitava un centinaio di posti letto destinati a cardiopatici, viene chiuso nelle ore successive dopo l’immediato trasferimento dei pazienti in altre realtà sanitarie e nonostante la successiva spesa di 800 mila euro per rimetterlo in sicurezza, non venne più riaperto. Analoga sorte per l’ospedale di Salò: «Ad oggi a Salò non c’è più nulla da sistemare – afferma il sindaco –. All’epoca la prima cosa da fare fu di evacuare l’ospedale e nonostante i soldi spesi per sistemarlo, il sisma fu la sua pietra tombale. Adesso è li abbandonato a se stesso, quasi a perenne memoria». •

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