«La condotta sommersa? Un’emergenza del...tubo»

di Cinzia Reboni
L’esperto Emilio Comini La condotta sublacuale del Garda sotto stretta sorveglianza Il  Comitato promotore del Referendum  per l’acqua pubblica
L’esperto Emilio Comini La condotta sublacuale del Garda sotto stretta sorveglianza Il Comitato promotore del Referendum per l’acqua pubblica
L’esperto Emilio Comini La condotta sublacuale del Garda sotto stretta sorveglianza Il  Comitato promotore del Referendum  per l’acqua pubblica
L’esperto Emilio Comini La condotta sublacuale del Garda sotto stretta sorveglianza Il Comitato promotore del Referendum per l’acqua pubblica

Un’ossessione... del tubo. Nel senso che l’imponente e contestato progetto di depurazione del Garda ruota attorno alla paura di un cedimento dei sette chilometri di condotta fognaria sommersa che in realtà è «in grado di sopravvivere a terremoti disastrosi». La sublacuale insomma non è un’emergenza. Un’analisi tecnica, basata su dati certi e provati, rimette tutto in discussione e smonta punto per punto la tesi di chi vuole costruire un nuovo depuratore sulle rive del Chiese. Quello che fino ad oggi è stato il «punto debole» della depurazione gardesana, la ragione che ha indotto a progettare un nuovo sistema che ne preveda la dismissione con la costruzione di un nuovo depuratore a Gavardo, «è un falso scopo», spiega Emilio Comini, che ha rappresentato il Comune di Salò all’assemblea costituente della Comunità Montana dell’Alto Garda, ed è stato per dieci anni assessore ai Lavori pubblici e per otto amministratore di Garda Uno. La sublacuale - due tubi paralleli in acciaio che corrono per 7,4 chilometri sul fondale, fino ad una profondità massima di 242 metri, e che convogliano in pressione i reflui fognari bresciani da Toscolano a Torri del Benaco, in prossimità di Punta San Vigilio, e, da qui, al depuratore di Peschiera - «non è un’emergenza. Il collettore fognario Toscolano-Torri, gestito da Acque Bresciane, è stato realizzato a partire dal 1981 e ultimato sul finire degli anni ’80. Le condotte hanno un diametro di 60 centimetri ed i vari tronchi, di 25 metri circa, sono saldati tra di loro. Già un tubo era allora sufficiente per smaltire il liquame, ma giustamente ne è stato affiancato un secondo, sia per prevenzione, sia per l’inevitabile aumento progressivo dei reflui». IL SISTEMA, precisa Comini «è controllato all’origine e all’arrivo attraverso dei sensori che tengono monitorata l’entrata e l’uscita: se viene riscontrata un’anomalia, vale a dire un carico inferiore al punto di arrivo, si blocca tutto ed entra in funzione il secondo tubo. Questo significa che, nella peggiore delle ipotesi, vale a dire una perdita della tubazione, in un paio d’ore si risolve il problema. E quello che potrebbe fuoriuscire in quelle due ore è sempre meno di quanto i Comuni che non hanno ancora diviso le acque nere dalle bianche scaricano quotidianamente nel lago». C’è però chi parla di disastro ambientale nel caso la sublacuale dovesse saltare. «Le cose non stanno affatto così - risponde Comini -. Io stesso ero presente nei primi anni ’90 al momento dell’approvazione della chiusura dei lavori di posa della condotta. Nel verbale i tecnici del Politecnico di Milano hanno scritto chiaramente che le tubazioni, ampiamente garantite per decenni, hanno una tale elasticità che, se nel lago si formasse una frattura profonda fino a trenta metri, causata da un terremoto, i tubi si adagerebbero e si riposizionerebbero sul fondale senza rompersi». Quanto alla corrosione della condotta, che ha reso necessario un intervento di manutenzione effettuato dalla Drafinsub di Genova, su appalto di Acque Bresciane, costato 1,8 milioni, Comini svela un retroscena: «Sempre nel verbale di consegna lavori, si legge che la superficie sia interna che esterna dei tubi ha un rivestimento in resina epossidica, un materiale isolante, oltre ad una protezione catodica esterna, vale a dire una salvaguardia dalla corrosione di strutture metalliche esposte all’acqua. In quarant’anni si è verificata un’erosione media di 1 millimetro su uno spessore di 13,5 millimetri. E questo sarebbe un rischio reale? Non credo proprio. Ma per toglierci qualsiasi dubbio, basterebbe rifare la sublacuale ex novo». I COSTI? Comini ha chiesto un preventivo ad un’azienda leader per la fornitura di una nuova tubazione, con le stesse caratteristiche di quella esistente, sicuramente più tecnologica rispetto a 40 anni fa. «Costerebbe un milione. Aggiungiamoci pure il rivestimento e la posa. Potremmo arrivare a 5-6 milioni di euro al massimo. Oggi ne vogliamo spendere 230 per rifare tutto il collettamento del lago e costruire un nuovo impianto a Gavardo perché la situazione della sublacuale, per qualcuno, è un’emergenza». Con i soldi risparmiati «si potrebbero risolvere i problemi degli scolmatori di piena, migliorare gli impianti di pre-trattamento, ottimizzare le risorse per quei Comuni non ancora a norma nella separazione delle acque bianche dalle nere, problema fino ad ora ignorato. Senza contare il fatto di evitare anni di cantieri su una Gardesana già soffocata dal traffico, o i problemi di dislivello da risolvere attraverso una pompa di sollevamento che, da progetto, finirebbe addirittura vicino al Duomo di Salò. Ostinarsi a portare il depuratore a Gavardo è uno spreco di denaro pubblico. E quei 100 milioni che mancano per realizzare l’impianto li pagheranno in bolletta i cittadini». La proposta più sensata, per Comini, «rimane quella dell’ampliamento del depuratore di Peschiera. Una convenzione impone a quell’impianto di assorbire anche le acque della sublacuale. Non possono rifiutarsi, anche perché il depuratore è di proprietà al 50% di Acque Bresciane». Attualmente sulla sponda veronese sono più avanti nella progettazione, «anche perché il loro tratto era un colabrodo fin dall’inizio». •

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