Paludi minacciate anche nelle riserve. Il caso Manerba

di Paolo Baldi
Gli alberi  candelabro della Brema
Gli alberi candelabro della Brema
Gli alberi  candelabro della Brema
Gli alberi candelabro della Brema

Uno splendido canneto raso al suolo, alberi potati manco fossero quelli di un frutteto, vegetazione spontanea eliminata e uno stagno ridotto a un deserto dall’attività alimentare di «banchi» di carassi, pesci rossi buttati lì da qualcuno che voleva liberare l’acquario, e tartarughe esotiche (le Trachemys scripta) di grandi dimensioni. È l’aspetto attuale di un pezzo della Riserva naturale della Rocca di Manerba, e partendo proprio da questo scempio, alcune associazioni ne ricordano altri due, sempre gardesani, sottolineando che «le zone umide, permanenti o temporanee, rappresentano ecosistemi importantissimi e habitat fondamentali per tantissime specie di pesci, anfibi e uccelli acquatici». «Consumate dalla pressione antropica e dal riscaldamento globale, nel giro di pochi anni rischiano di scomparire per sempre. Anche le poche, comprese le rive occupate da canneti, rimaste nel basso Garda. Al loro posto si sviluppano coltivi, camminamenti, piste ciclabili e plateatici - affermano il Gruppo d’intervento giuridico, La Roverella, la Lac di Brescia, i circoli di Legambiente di Brescia e Garda, la Lipu di Brescia e il Wwf di Bergamo e Brescia -. Questi habitat svolgono una importante funzione di depurazione naturale delle acque e sono nursery per numerose specie ittiche e di invertebrati arrivando a ospitare fino al 90% dell’intera biodiversità del lago». Eppure vengono azzerati o gestiti come giardini pubblici. Come era avvenuto l’anno scorso in primavera (Bresciaoggi ne aveva riferito) con un intervento autorizzato dal Comune di Moniga che aveva in parte spianato la bellissima zona umida delle Balosse «compromettendo l’ecosistema e la sopravvivenza di numerose specie di uccelli e anfibi». Nei giorni scorsi poi, ancora una volta nel pieno della stagione riproduttiva di molte specie faunistiche, si è assistito «a pesanti interventi di manutenzione e al taglio a raso del canneto nella località Brema di Sirmione - ricordano le associazioni -, e questo è avvenuto nonostante fosse documentata la presenza di nidi con anatidi in cova». Canneto rasato a parte, anche la potatura che ha ridotto gli alberi a tristi «candelabri» merita una citazione. Prima Moniga, poi Sirmione e infine il caso citato in apertura: «Un altro scempio si è materializzato pochi giorni fa con la grave compromissione dell’ecosistema rappresentato dal “Büs de la Paül”, al centro della Riserva naturale orientata della Rocca di Manerba. È stato causato da pesanti interventi di presunta manutenzione, neanche si trattasse di un prato inglese, attuati con mezzi meccanici. Interventi che hanno asportato tutto il canneto ed eliminato erbe e arbusti spontanei che circondavano il laghetto». Le immagini a corredo di questo servizio danno l’idea del trattamento; che secondo chi lo attacca, e che ricorda che l’area protetta è gestita dal Comune, «non risulta essere stato presentato per un parere al Comitato tecnico scientifico». Sempre in questa Riserva nel tempo «è avvenuto un pesante taglio del bosco nella zona “La Canal”, ed è stata organizzata una impattante gara internazionale di mountain bike. Non si considera il fatto che la Rocca è una Riserva naturale - chiudono le associazioni -, ed è lo stesso ente che dovrebbe gestirla a non prendersene cura. Non ci sono controlli sull’elevata pressione antropica creata dai visitatori, e non è mai stata attuata una gestione adeguata a partire da regolari riunioni di un Comitato tecnico scientifico previsto dalla legge regionale. Occorre dunque che la Regione adotti provvedimenti urgenti avocando a sé le competenze gestionali».•.

Suggerimenti