Radioattività
in discarica scatta
l’ordine di bonifica

di Valentino Rodolfi
I carotaggi di Arpa e carabinieri forestali disposti dalla Procura sulla discarica del Traversino a Lonato
I carotaggi di Arpa e carabinieri forestali disposti dalla Procura sulla discarica del Traversino a Lonato
I carotaggi di Arpa e carabinieri forestali disposti dalla Procura sulla discarica del Traversino a Lonato
I carotaggi di Arpa e carabinieri forestali disposti dalla Procura sulla discarica del Traversino a Lonato

Stavolta la bonifica del Traversino va fatta davvero, con interventi sul campo, e non solo sulla carta: per l’ex discarica di Lonato, già classificata come «sito contaminato» addirittura dal 1982 e cancellata dall’elenco delle aree pericolose nel 2018, la Provincia di Brescia ha disposto la riapertura della conferenza di servizi per decidere una strategia di analisi del rischio ambientale e interventi di definitiva messa in sicurezza. In sicurezza da cosa? Da un quantitativo imprecisato, si parla di 290 mila metri cubi, di rifiuti prevalentemente non inerti, fra i quali metalli pesanti e soprattutto «elementi radioattivi», rilevati dalle indagini della Procura della Repubblica di Brescia culminate nel maggio scorso con il sequestro dell’area. La presenza di radioattività non era stata rilevata in precedenza nemmeno dall’Arpa, che appunto nel 2018 aveva dichiarato non necessari i costosi interventi di bonifica (stimati in 5 milioni 693 mila 30 euro e 43 centesimi, secondo il progetto prodotto dalla proprietà dell’area) chiudendo l’istruttoria per la bonifica e cancellando il Traversino dai siti contaminati.


SEMBRAVA FINITA LÌ, ma non era per niente finita. L’inchiesta del pm Ambrogio Cassiani, che aveva indagato i proprietari del sito e gli amministratori della ditta Vezzola per le ipotesi di discarica abusiva e inquinamento ambientale, aveva portato infatti, con successive analisi della stessa Arpa su ordine della Procura, a rilevare che: «Rifiuti di varia natura quali scorie di acciaieria, olii esausti, pneumatici, omettendo di effettuare la bonifica dell’area, cagionavano il deterioramento della falda acquifera contaminata da manganese, alluminio, triclorometano, dicloropropano e concentrazioni di elementi radioattivi Alfa e Beta superiori al limite consentito». Di questo parlava la Procura a maggio, disponendo il sequestro del Traversino e della vicina cava Vezzola, a opera dei carabinieri Forestali. Ma oltre al fronte giudiziario e investigativo, si è aperto quello ambientale. Come più volte ribadito dal Comune di Lonato, la falda sotto il Traversino non «comunica» con l’acquedotto e non c’è traccia, attestano le analisi di A2A, di radioattività nella rete idrica che fornisce acqua alle case. Ma la radioattività c’è al Traversino e qualcosa va fatto. A disporlo era stato il mese scorso il prefetto di Brescia, Attilio Visconti: l’«ordine» partito dalla Provincia ne è l’effetto.


CHE COSA SUCCEDERÀ? Si riuniranno in conferenza il Comune, Provincia, Regione, Arpa e proprietà. Si deciderà come analizzare il rischio e come metterlo in sicurezza, a spese della proprietà. Compito non facile, perché se là sotto ci sono rifiuti per 290 mila metri cubi anche tossici e radioattivi, con una falda, allora smuovere, frantumare e rimuovere potrebbe rivelarsi poco fattibile. Un’ipotesi di lavoro già sul tavolo è quella di costruire un «diaframma», uno scudo attorno al perimetro per isolare la ex discarica, che impedisca migrazioni di acque contaminate in orizzontale verso le acque circostanti. Ma in verticale? Per un intervento «conservativo», si potrebbe verificare se il sottostante strato di argilla possa isolare la base della discarica, ma anche qui sembra difficile. Tutto da valutare in conferenza di servizi. Intanto una cosa è certa: la questione non è chiusa, anzi è riaperta.

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