Il nuovo anno sarà decisivo anche per le sorti del mega progetto di depurazione del Garda, l’opera da 220 milioni di euro destinata, per ora sulla carta ma con urgenza crescente, a sostituire l’impianto ormai datato, risalente agli 80, eliminando le condotte sublacuali. LO STALLO è tutto sulla sponda bresciana: non si è ancora ufficialmente deciso dove realizzare i due depuratori previsti per la sponda lombarda del lago, mettendo in serio pericolo il finanziamento di 100 milioni di euro concesso dal governo, destinato per il 60% alla riva bresciana e per il 40% a quella veronese (dove invece il potenziamento del depuratore di Peschiera è pronto a partire). Pare ormai certo che la scelta definitiva sia ricaduta sull’ampliamento del sito di Montichiari per i reflui del basso lago (tranne Desenzano e Sirmione che continueranno a confluire a Peschiera) e di Gavardo per i reflui da San Felice a Tignale, facendo confluire le acque depurate nel Chiese. A questa ipotesi però si oppongono con fermezza i Comuni dell’area del fiume, e del resto nessuna decisione è ancora stata resa definitiva. «Aspettiamo la decisione ufficiale dell’Ato bresciano - commenta Giovanni Peretti, presidente dell’Ats, che raggruppa i 35 Comuni dell’area gardesana -: al netto delle rimostranze dei sindaci del Chiese, crediamo in ogni caso sia la scelta migliore con i sistemi che ci sono adesso. Nessuno è contro nessuno, non ci sono buoni e cattivi: il lago di Garda con il suo 40% dell’intero patrimonio italiano di acqua dolce è una priorità nazionale, un patrimonio di tutti che va salvaguardato». LE ELEZIONI di primavera non aiutano ad ammorbidire le opposte posizioni: «Non vorremmo però - dice Peretti - che questa situazione spingesse il ministero a dirottare altrove quei 100 milioni già assegnati».