Battute di caccia, si comincia Ma le doppiette sono in crisi

di Cinzia Reboni
L’anno scorso le doppiette nella nostra  provincia erano 21.885, ovvero quasi il 40% di quelle regionali
L’anno scorso le doppiette nella nostra provincia erano 21.885, ovvero quasi il 40% di quelle regionali
L’anno scorso le doppiette nella nostra  provincia erano 21.885, ovvero quasi il 40% di quelle regionali
L’anno scorso le doppiette nella nostra provincia erano 21.885, ovvero quasi il 40% di quelle regionali

La stagione venatoria gioca in anticipo: la nostra provincia è l’unica in Lombardia ad avere ancora il «privilegio» della preapertura, a conferma che il territorio bresciano resta la «culla» della caccia. In realtà, considerato che oggi si potrà sparare soltanto alle cornacchie, saranno in pochi - stando almeno alle previsioni delle associazioni di categoria - ad organizzare una battuta. E anche il 15 settembre, quando scatterà a pieno regime la stagione venatoria, i cacciatori bresciani saranno in calo, come avviene ormai da diversi anni. Un trend di flessione che sembra inarrestabile. CORNACCHIA SÌ, tortora no. L’Ufficio territoriale di Brescia ha autorizzato la caccia alla cornacchia grigia e nera sia oggi che giovedì 5, domenica 8 e giovedì 12 settembre, ma soltanto fino alle 13 ed esclusivamente nella modalità d’appostamento fisso o temporaneo. Inoltre, per autorizzare la preapertura, è stata anticipata la chiusura del periodo di prelievo: le cornacchie saranno quindi cacciabili solo fino al 18 gennaio. Rispetto alla scorsa stagione, quest’anno la tortora selvatica è stata «esentata» dalla preapertura: la Regione, dopo aver ricevuto il parere negativo dell’Ispra, ha infatti ritenuto di non autorizzarla. Una scelta che non convince Federcaccia: «Abbiamo fatto una controproposta, affinché fosse cacciabile almeno fino al primo ottobre, ma non è stata accolta - spiega il presidente provinciale Marco Bruni -. E alla canonica apertura della caccia, il 15 settembre, saranno poche le tortore africane ancora presenti nelle nostre campagne, perché già in migrazione». Quanto alla cornacchia, «è una specie che non rientra nelle nostre tradizioni - sottolinea Carlo Bravo, presidente regionale dell’Associazione Cacciatori Lombardi -: molti non le cacciano più, e con gli anni sono proliferate, causando notevoli danni, soprattutto alle colture». Basti pensare che la Regione, nel periodo 2004-2012, ha pagato oltre 2 milioni di euro di indennizzi per danni causati dai corvidi. In flessione i cacciatori bresciani che calano di circa il 3% ogni anno. Nel 2018 i tesserati in Lombardia erano 62.156, di cui 21.885 della nostra provincia. «I cacciatori sono sempre di meno perché devono fare i conti con norme sempre più restrittive e sanzioni altissime - spiega Carlo Bravo -. Lo scorso anno moltissime multe sono scattate per la non corretta interpretazione della registrazione delle catture: la diatriba è tra momento dell’abbattimento e momento della raccolta. La Regione ha cercato di venire incontro ai cacciatori, ma alcune guardie applicano la direttiva nazionale: in caso di errore, la sanzione è di 154 euro ad uccello». «I giovani tesserati sono in leggera crescita - commenta Domenico Grandini, presidente regionale dell’Anuu migratoristi -, ma i nuovi ingressi non vanno mai ad equilibrare le uscite, che sono sempre molto alte, anche per motivi di età o di salute. La flessione è costante, anche se quest’anno la richiesta di rifornimento di richiami vivi è aumentata, il che fa ben sperare in una ripresa. Tra i vari problemi, c’è anche quello del rilascio del porto d’armi: la Questura è in notevole ritardo sui tempi stabiliti. Basti pensare che nel solo gruppo di Concesio ci sono 70 persone in attesa del permesso». LA PAROLA D’ORDINE è prudenza. «Fortunatamente gli incidenti sono in diminuzione - precisa Domenico Grandini -, ma anche uno solo è sempre troppo. Tutti devono essere consapevoli di avere in mano un’arma, e la prudenza non è mai troppa. Così come auspichiamo che tutti rispettino le regole». Il riferimento è al bracconaggio. «Negli ultimi anni gli archetti sono praticamente scomparsi, e questo è un dato positivo - aggiunge Grandini -, ma c’è ancora il problema delle reti, che deve cessare il prima possibile. La passione della caccia non è sinonimo di bracconaggio». Una piaga che però è difficile da estirpare. «Questi atti danneggiano in primis i cacciatori - osserva Marco Bruni -, gettando discredito su una categoria formata da persone che devono essere oneste per forza. Per avere il porto d’armi bisogna avere la fedina pulita: la norma è severissima, e sanzioni penali di qualsiasi tipo comportano il mancato rilascio del permesso. I cacciatori devono fare i conti con regole ferree: solo rispettandole si potrà andare a caccia ancora per mille anni. La fauna è un patrimonio di tutti, e le norme vanno rispettate, senza se e senza ma». Secondo il presidente provinciale di Federcaccia - che da sola raggruppa il 60% dei cacciatori, e la sezione bresciana è la più grande d’Italia - «il 90% dei bracconieri lo fa per soldi. Chi vuole cucinare lo spiedo va in cerca di uccellini: lo chiede il mercato della tradizione culinaria. Ma oggi questo non è più accettabile. E il mondo venatorio queste cose le ha capite». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Suggerimenti