«L’acqua pubblica raffredderà i rincari»

di Cinzia Reboni

Tornare al monopolio pubblico del ciclo idrico ha costi accettabili, raffredda il caro tariffe e garantisce gli investimenti per rinnovare acquedotti e fognature. Sono queste le conclusioni dello studio redatto dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua sulla ripubblicizzazione del servizio legata alla nuova legge in fase di approvazione. Il dossier è stato presentato ieri all’oratorio di Santa Maria in Silva a Brescia dal Comitato Referendario Acqua Pubblica. «SIAMO CONVINTI che questa legge rappresenti una radicale inversione di tendenza rispetto allo stato di criticità in cui versa il servizio idrico nel nostro Paese per la cronica carenza di investimenti nelle infrastrutture - sottolinea Mariano Mazzacani, portavoce del Comitato -. La riteniamo inoltre lo strumento più adeguato per realizzare una gestione del servizio idrico integrato interamente pubblica, partecipativa, ambientalmente sostenibile e fuori da ogni condizionamento finanziario, come si conviene ad un diritto fondamentale qual è l’accesso all’acqua. Tutto questo garantendo nel contempo tariffe eque e i diritti dei lavoratori. Dal dossier si evince che i costi della ripubblicizzazione sono assolutamente accessibili e contenuti, diversamente da quanto sostenuto da più fonti». Secondo la tesi portata avanti sia dalla società Ref Ricerche sia da Oxera, società di consulenza economica a cui si è rivolta Utilitalia, la federazione che riunisce anche le aziende operanti nei servizi pubblici dell’acqua, il costo per subentrare negli investimenti alle utility si aggira attorno ai 20 miliardi. Nel Bresciano servono 1,4 miliardi entro 30 anni. Ventotto paesi sono senza depuratore, in 42 il collettamento è parziale e in altri 19 gli impianti non sono conformi. Nella maggioranza dei casi sono investimenti di A2A, che ha in gestione 78 Comuni, ma poi ci sono i lavori già realizzati e quelli progettati da Acque Bresciane, il gestore unico dove sono entrati 90 paesi (Garda Uno e Aob2). Solo per i 14 paesi sotto l’egida di A2A in scadenza, il gestore pubblico dovrebbe esborsare 13 milioni. Ma questo quadro finanziario viene smentito dal dossier del Forum, soprattutto per quanto riguarda gli «indennizzi» ai gestori uscenti e il rimborso dei finanziamenti già contratti. In realtà, il costo una tantum per la ripubblicizzazione del servizio idrico è sostanzialmente quello relativo alla riacquisizione delle quote societarie detenute da soggetti privati che - come riportato nel dossier - vale tra 1 e 1,5 miliardi di euro. Gli oneri previsti per il Bresciano galleggerebbero attorno ai 100 milioni. Lo studio smentisce anche che la legge porterà ad un aumento delle tariffe tra il 10 e il 15%. «Avverrà il contrario - si legge nella ricerca -, essendo finalmente eliminata la possibilità di continuare ad inserire in tariffa qualsiasi voce riconducibile al profitto, oltre a venir meno le condizioni per la distribuzione di utili agli azionisti». Le «quattro grandi sorelle dell’acqua» - Iren, Acea, A2A ed Hera - dal 2010 al 2016 hanno distribuito dividendi per quasi 3 miliardi, per cui, considerando che il servizio idrico è circa il 25% delle attività svolte dalle multiutility, la ripubblicizzazione porterebbe a un beneficio di circa 750 milioni di euro nei prossimi sette anni, e dunque consentirebbe di ripagare la ripubblicizzazione in soli 3 anni. QUELLA IN ESAME alla Camera, depositata nel marzo 2018 dall’onorevole Federica Daga, è una proposta di legge di iniziativa popolare promossa dal Forum dei Movimenti per l’Acqua nel 2007 e sottoscritta da 400 mila cittadini. La proposta è stata quasi completamente ignorata e disattesa nelle legislature precedenti. La gestione del servizio, attualmente, è affidata per una quota pari al 66,67% a società totalmente pubbliche, e per il 32,46% a società miste. In questo caso il controllo pubblico è pari al 99,13%. «Non è credibile - si legge nel dossier - che il “pubblico” debba corrispondere un indennizzo a se stesso. Semmai, si tratterà di liquidare ai privati la loro quota di partecipazione nelle società miste, pari al 39,78% per le monoservizio e al 44,18% per le multiservizi. La ripubblicizzazione del servizio non comporterà la decadenza delle concessioni». Sulle operazioni di apertura ai privati come quella prospettata per Acque Bresciane, il dossier è tranchant: «La privatizzazione non porta nulla, nè risorse per gli investimenti e nemmeno innovazione per migliorare il servizio. La privatizzazione trasferisce ai privati solo i benefici della gestione, i profitti, e rafforza la poca trasparenza della gestione attuale. Costituire un’Azienda speciale potrebbe risolvere questo aspetto. La mission non sarà più l’utile, caratteristica delle società, ma la qualità del servizio e un minor costo per gli utenti». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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