Mozione sulla Castella Nell’aula del Broletto si scatena la bagarre

di Cinzia Reboni
Una delle manifestazioni contro la discarica Castella a Rezzato
Una delle manifestazioni contro la discarica Castella a Rezzato
Una delle manifestazioni contro la discarica Castella a Rezzato
Una delle manifestazioni contro la discarica Castella a Rezzato

Bagarre in aula. Il presidente della Provincia si rifiuta di mettere in votazione la mozione del centrodestra e scioglie la seduta in anticipo. Sarà difficile rimettere insieme i cocci politici dell’atto di forza compiuto ieri da Samuele Alghisi. In aula si sarebbe dovuto discutere della discarica Castella in progetto a Rezzato e sul presunto conflitto di interessi del Broletto, socio al 9,76% di Garda Uno, ma il Consiglio provinciale è imploso. La mozione chiedeva all’esecutivo di astenersi dall’assumere qualsiasi decisione in merito al nuovo progetto di discarica presentato dalla società La Castella, partecipata al 50% da Garda Uno, e di affidare «l’iter alla Regione o ad uffici e funzionari che non abbiano in passato espresso il loro convincimento favorevole al proponente». Una misura per disinnescare il presunto conflitto di interessi tra l’utility e il Broletto. La mozione ha scatenato il caso in aula, al punto che le altre due interrogazioni sulla Castella sono passate in secondo piano. «Il documento è inammissibile - ha affermato Samuele Alghisi prima ancora di lasciare la parola al consigliere Matteo Micheli, primo firmatario della mozione-, pertanto non verrà discussa e nemmeno votata». La discussione però c’è stata, e piuttosto accesa. «Ammesso che il progetto vada a buon fine, la Provincia non incasserà un solo euro - ha precisato Alghisi -, e non possiamo proibire ai nostri tecnici di fare il loro lavoro. Inoltre, non esiste conflitto di interessi in quanto non c’è identità tra il proponente e l’autorità competente. Tanto più che non è Garda Uno a presentare la richiesta, ma una società collegata». Alghisi ha quindi ribadito l’inammissibilità della mozione «a fronte di un parere dell’avvocatura molto articolato». Ma in realtà, durante il dibattito, è emerso che all’avvocato Magda Poli è stato chiesto soltanto di «fare un approfondimento sulla legge in vigore, non se la mozione fosse ammissibile», e la stessa Segreteria generale ha ribadito che la questione «non rientra nelle nostre competenze». A questo punto sono spuntate numerose proposte: «Chiediamo a Garda Uno di ritirare il progetto», ha suggerito Filippo Ferrari. «Verifichiamo la presenza di situazioni di potenziale conflitto di interessi e formuliamo in maniera diversa la mozione», ha affermato Massimo Tacconi. Ma «non esiste - ha incalzato Renato Pasinetti - che a suo insindacabile giudizio il presidente decida di non metterla ai voti. É una cosa che non accade neanche in Unione sovietica». «Non si può sottrarre un ordine del giorno senza sottoporlo al voto: non è corretto formalmente», ha aggiunto Cristina Almici. Tacconi ha provato a dettare un’exit strategy al muro contro muro, ma l’ipotesi non ha trovato il consenso degli altri consiglieri di centrodestra. Nel tentativo di uscire dall’impasse, messo alle strette dalle richieste pressanti del centrodestra, Samuele Alghisi ha proposto al primo firmatario Matteo Micheli di ritirare la mozione e di ripresentarla, riveduta e corretta, alla prossima seduta del Consiglio provinciale. Proposta respinta al mittente dopo una breve pausa di consultazione. Con altrettanta fermezza, Alghisi ha sollevato la questione pregiudiziale ed ha ribadito la sua posizione, dichiarando la mozione illegittima - «è il presidente che decide» - e chiudendo la seduta tra l’imbarazzo generale. Resta ora da capire la linea del centrodestra, che in teoria potrebbe rivolgersi al prefetto per chiedere di verificare se nell’atto del presidente della Provincia ci siano anomalie normative. •.

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