Relitto dei misteri: pazzesca scoperta dei sub bresciani

di Luciano Scarpetta
Il «dream team»  protagonista della straordinaria scoperta negli abissi della costiera  del Cilento Il relitto della nave affondata nel corso della Prima guerra mondiale racchiude ancora molti segreti Il ritrovamento dell’imbarcazione è  frutto di un lungo lavoro di ricerca iniziato due anni fa
Il «dream team» protagonista della straordinaria scoperta negli abissi della costiera del Cilento Il relitto della nave affondata nel corso della Prima guerra mondiale racchiude ancora molti segreti Il ritrovamento dell’imbarcazione è frutto di un lungo lavoro di ricerca iniziato due anni fa
Il «dream team»  protagonista della straordinaria scoperta negli abissi della costiera  del Cilento Il relitto della nave affondata nel corso della Prima guerra mondiale racchiude ancora molti segreti Il ritrovamento dell’imbarcazione è  frutto di un lungo lavoro di ricerca iniziato due anni fa
Il «dream team» protagonista della straordinaria scoperta negli abissi della costiera del Cilento Il relitto della nave affondata nel corso della Prima guerra mondiale racchiude ancora molti segreti Il ritrovamento dell’imbarcazione è frutto di un lungo lavoro di ricerca iniziato due anni fa

È «targata» Brescia l’incredibile scoperta subacquea avvenuta pochi giorni fa sui fondali del tratto di mare tra Acciaroli e Palinuro, nel Cilento. Cinque sommozzatori del Team Giò Sub di Roncadelle (tra questi Ivano Predari di Orzinuovi) hanno scoperto sott’acqua a 170 metri di profondità l’inconfondibile sagoma dello skyline di una gigantesca nave. IL RELITTO, dopo l’avvistamento, era stato creduto inizialmente un cargo militare americano della seconda guerra mondiale, ma poi in base alle testimonianze raccolte tra gli esperti militari e storici nazionali, ha preso corpo un’ipotesi diversa: la nave potrebbe risalire alla prima, non alla seconda guerra. «Il tratto di mare tra Acciaroli e Palinuro – spiega il caposquadra del team Giò Sub, il genovese Andrea Bada - nel ’43 era stato in effetti attraversato dalle navi della V Armata statunitense comandata dal generale Mark Clark». Erano 642 mezzi navali impiegati nell’operazione Avalanche del 9 settembre del 1943 che consentì agli alleati di risalire e di sconfiggere il nemico nazista, ma probabilmente non si tratta di una di quelle navi. «È IN OGNI CASO un cargo adibito presumibilmente a trasporto e uso militare - continua Bada -. Va detto che sui registri navali non esiste segnalazione di questo affondamento: sarà un mistero in più da svelare. Per adesso abbiamo potuto appurare che lo scafo misura oltre 130 metri per 18 di larghezza e una trentina di metri di altezza». Ma come si è arrivati a questa scoperta? Grazie soprattutto alle confidenze e al passa parola di pescatori a strascico, aiutati in passato proprio da Andrea Bada, non in quel tratto di mare, a recuperare reti incagliate. Conoscendo la passione di Bada e dei ragazzi del team Giò Sub di Roncadelle, hanno voluto sdebitarsi con loro per quell’aiuto disinteressato. «DOPO DUE ANNI di ricerche in quel tratto di mare a otto miglia da Acciaroli e di documentazione delle possibili tipologie di relitti - spiega Giuseppe Sala, patron della Giò Sub, azienda bresciana leadera per gli illuminatori subacquei con grande passione per la ricerca negli abissi - abbiamo avuto la conferma da parte dei sonar che quel relitto lì sotto c’era davvero in tutta la sua grandezza». Un altro anno più o meno è stato impiegato per la preparazione della difficile impresa a 170 metri di profondità e poi, la scorsa settimana il team ha dato il via all’operazione negli abissi denominata «Exploro Cilento». «Sei minuti per la discesa lenta in prossimità del relitto della nave, a una profondità molto impegnativa - racconta Giò - Poi circa dieci minuti sul fondo, dal lato della poppa, per fotografare e filmare parte del relitto». IN ACQUA il caposquadra Andrea Bada con Ivano Predari, mentre Luca Parodi, Pietro Cacciabue e Giuseppe Sala erano di supporto in barca. Dopo le riprese subacquee e gli scatti fotografici, rimaneva però da completare la parte più difficile dell’impresa, ovvero la risalita: 6 ore di decompressione con tutti i rischi del caso. «Siamo scesi senza sapere cosa trovare - commenta Giò Sala - anche se sapevamo più o meno cosa aspettarci dopo aver calato in precedenza un sonar che ci aveva indicato esattamente la posizione del relitto e la struttura: abbiamo intuito subito dalle dimensioni che si trattava di qualcosa di incredibile, laggiù adagiato sul fondale nel buio più assoluto. Con poco tempo a disposizione siamo riusciti a illuminare, con quattro luci da 20 mila lumen di potenza ciascuna, i primi 30 metri della fiancata. Abbiamo inoltre cercato di vedere qualche nome sullo scafo, inutilmente». Secondo le prime supposizioni la nave potrebbe essere stata affondata dopo un’esplosione: la parte superiore si presenta infatti collassata. Leggendo meglio il filmato, istante dopo istante, si potranno scoprire nuovi elementi utili a fare luce sul misterioso affondamento». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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