«Concert Hall di
Erbusco? Un’utopia
senza futuro»

di Cinzia Reboni
A destra Ottavio De Carli storico musicologo bresciano
A destra Ottavio De Carli storico musicologo bresciano
A destra Ottavio De Carli storico musicologo bresciano
A destra Ottavio De Carli storico musicologo bresciano

La Concert Hall di Erbusco? «Un progetto velleitario, pieno di incongruenze». Non ha dubbi il musicologo Ottavio De Carli, ex direttore artistico delle Settimane Musicali di Franciacorta e per vent’anni consigliere della Società dei Concerti di Brescia. «Una capienza di oltre 6.000 persone non può garantire un costante sold out per tutto l’anno. Per ottenere un simile risultato, lo sforzo organizzativo e finanziario sarebbe tanto insostenibile quanto eccessivo anche per i teatri di maggiore esperienza e prestigio. Il progetto sottolinea con insistenza il confronto con i principali “competitors”, ma è ridicolo pensare che una sala da concerto abbia la sua principale ragion d’essere nel numero dei posti. Sarebbe come dire che si costruisce una torre più pendente di quella di Pisa per farle concorrenza». DE CARLI, presente ieri al flash mob promosso dal fronte trasversale che si oppone all’operazione, incalza. «I teatri non sono aziende che si fanno concorrenza: sono istituzioni culturali che svolgono un servizio alla comunità e non appena possono collaborano tra loro, per realizzare nuove produzioni contenendo e razionalizzando le spese. In ogni caso, proprio la presenza di un’ampia platea di “competitors” toglie senso alla presenza di un ulteriore teatro: la Lombardia offre già oltre 13 mila posti, ai quali vanno aggiunti i 14 mila dell’Arena di Verona. Se la Concert Hall dovesse davvero funzionare - continua il musicologo - metterebbe in crisi le realtà già esistenti, in caso contrario sarebbero 150 milioni di investimento sperperati». Anche la collaborazione di un’orchestra di 84 elementi, un coro di 80 voci, una cinquantina di pueri cantores ed un corpo di ballo di 32 danzatori, «stipendiati con 14 mensilità», si legge nel progetto, rischiano, secondo De Carli, di trasformarsi in «entità fantasma. Bisogna restare coi piedi per terra: un organico così ampio comporterà inevitabilmente una spesa costante di diversi milioni di euro all’anno. Senza contare che, proprio perché formazioni “permanenti”, devono avere la garanzia di lavorare costantemente». De Carli sottolinea altre presunte lacune del progetto come l’Istituto superiore di studi musicali, «di cui manca totalmente un progetto didattico. E non ci sono neanche le aule: l’intera Accademia sarà ospitata in 6 stanzette». ANCHE SUGLI «INCASSI da favola» previsti nel progetto, il musicologo è scettico: «Per far quadrare i conti, bisogna garantire 180 serate all’anno sold out: una follia. La Fondazione prevede entrate superiori ai 26 milioni di euro l’anno, a fronte di uscite quantificate in 25 milioni, il che significa una media di 370 mila spettatori disposti a pagare un biglietto di circa 70 euro. A questi vanno aggiunti 230 mila euro di ingressi al teatro “ridotto”, quasi 8 mila persone a una media di 30 euro a biglietto, comprese le scolaresche, che difficilmente sono disposte a pagare cifre simili per uno spettacolo». Altri incassi «seguono previsioni altrettanto ottimistiche: 240 mila euro l’anno per l’affitto delle sale di registrazione, 180 mila euro per l’affitto del teatro “ridotto”, che corrispondono a 60 eventi a 3 mila euro l’uno: ma quale istituzione locale può permettersi di affittare una sala da 400 posti a tremila euro a sera?». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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