Don Elia Comini sarà martire

di M.MA.
Don Elia Comini
Don Elia Comini
Don Elia Comini
Don Elia Comini

A Chiari si è aperta ufficialmente la fase diocesana del processo di beatificazione e canonizzazione di don Silvio Galli, ma ora arriva un riconoscimento importante per un altro sacerdote clarense e salesiano. Il vescovo di Brescia monsignor Pierantonio Tremolada, nella chiesa parrocchiale di Chiari, alla presenza del rettore maggiore dei Salesiani, don Angel Fernández Artime, ha avviato la causa di martire per don Elia Comini, ucciso nel 1944 dai tedeschi. A Chiari don Elia operò sia al Collegio Rota che all’istituto salesiano di San Bernardino. Il primo parere favorevole era arrivato il 25 febbraio dai Consultori storici della Congregazione delle Cause dei Santi. Nato nel 1910 a Calvenzano, comune di Vergato (Bologna), seguì la vocazione sacerdotale. «Un ex allievo - spiega don Diego Cucchi direttore di San Bernardino - lo ricordava come un sacerdote con uno stile costante di equilibrio, serenità, pietà, salesianità: in cattedra insegnando, in cortile giocando con noi, in chiesa, a tu per tu, sempre sorridente e affabile». Nel 1941 da Chiari passò al Collegio salesiano di Treviglio, fino al martirio avvenuto il 1° ottobre 1944 in località Pioppe di Salvaro (Bologna). Preoccupato per sua madre, don Elia ottiene di lasciare Treviglio. Torna quindi a Salvaro, accolto a braccia aperte dal parroco, monsignor Mellini, ormai molto anziano. Il 26 settembre 1941 un tedesco viene ucciso e parte subito la rappresaglia: tre civili trovano la morte nella loro casa bruciata. Don Elia e padre Martino Capelli ricoverano i sopravvissuti in canonica e provvedono alla sepoltura dei morti, fabbricando delle bare rudimentali. Questo, insieme ai tentativi di dialogo, fa sorgere nei tedeschi il sospetto che i due padri siano alleati dei partigiani. Don Elia Comini e padre Martino Capelli, la mattina del 29 settembre 1944, decisero lucidamente di portare gli oli santi e una teca contenente l’eucaristia verso la località Creda di Salvaro nel comune di Grizzana (Bologna) per un gruppo di agonizzanti vittime della barbarie nazista. Subito catturati, furono spogliati delle loro insegne sacerdotali e pesantemente umiliati dalle SS: sono costretti a trasportare le munizioni su sentieri di montagna e vengono visti da pochi testimoni sovraccarichi, stanchi, quasi deformati dallo sforzo, vicino a catene che forse li legavano. Sono quindi tradotti in prigionia e successivamente uccisi insieme a un gruppo di vecchi e inabili, in località Pioppe di Salvaro. •

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