Operaie al lavoro
in un «buco».
Chiuso laboratorio fuorilegge

di Simona Duci
Il laboratorio scoperto nella zona industriale, verso AdroLa Polizia locale è intervenuta con Ats e carabinieri del Nil
Il laboratorio scoperto nella zona industriale, verso AdroLa Polizia locale è intervenuta con Ats e carabinieri del Nil
Il laboratorio scoperto nella zona industriale, verso AdroLa Polizia locale è intervenuta con Ats e carabinieri del Nil
Il laboratorio scoperto nella zona industriale, verso AdroLa Polizia locale è intervenuta con Ats e carabinieri del Nil

Un’operazione congiunta tra tecnici sanitari, ispettorato del lavoro, carabinieri e Polizia locale ha messo fine alle precarie condizioni in cui lavoravano 13 operaie in un’impresa di Capriolo, in una condizione di irregolarità assoluta dove men che meno venivano rispettate anche le misure anti-Covid. L’ANDARE e venire di quelle donne dal capannone, nel quale non si sapeva della presenza di alcuna attività, ha acceso i sospetti della Polizia locale di Capriolo che ha avviato un’indagine per capire che cosa stava accadendo: il comando ha deciso di coinvolgere l’Ats, con i tecnici della prevenzione e sicurezza sul lavoro di Rovato, e i carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro. La squadra un paio di giorni fa si è presentata ai cancelli della piccola azienda situata nella zona industriale, verso Adro), dove sono venute alla luce le proibitive condizioni di lavoro a cui erano obbligate le dipendenti. In uno spazio soppalcato, trasformato in maniera improvvisata in laboratorio per la cernita di guarnizioni industriali, le donne erano al lavoro gomito a gomito in una stanza dell’altezza di 1 metro e 90 centimetri, senza nessun sistema di aerazione, nessun sistema di sicurezza. Su tredici operaie inoltre a portare le mascherine erano in due. L’unica concessione alle misure anti-Covid la presenza di un gel per le mani, in un contenitore appoggiato su di un mobiletto. Per il resto nulla. LE LAMPADE utilizzate per l’attività di cernita non erano omologate e scaldavano troppo, rendendo l’ambiente ancor più soffocante per il calore e opprimente. Per un momento si è temuta la presenza di un focolaio di Covid-19, perché alcune delle operatrici presentavano 38 o più di febbre, ma poi si è capito che la temperatura alta era data dalla vicinanza con le lampade surriscaldate. Una ad una le dipendenti (italiane e straniere dell’est d’Europa) sono state interrogate dalle forze dell’ordine che hanno messo agli atti la loro testimonianza. Tutte sono state trovate con un contratto di lavoro, sulla cui regolarità sono in corso accertamenti da parte dell’ispettorato che stabilirà attraverso i controlli incrociati la validità dei documenti. Sono state comminate sanzioni alle 11 operaie, senza mascherina, 400 euro ciascuna. L’imprenditore di origine albanese, classe 1982, residente a Paratico, che risultava a capo dell’attività è stato multato per 400 euro e disposta la sospensione immediata dell’attività che potrà riprendere solo a seguito dei dovuti adeguamenti. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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