Riaffiora uno
scheletro. Mistero
fitto a Pisogne

di Alessandro Romele
L’area del ritrovamento dello scheletro: in zona non sono stati riscontrati segni di aree di sepoltura La Pieve  teatro di un mistero che affonda le radici nel passato
L’area del ritrovamento dello scheletro: in zona non sono stati riscontrati segni di aree di sepoltura La Pieve teatro di un mistero che affonda le radici nel passato
L’area del ritrovamento dello scheletro: in zona non sono stati riscontrati segni di aree di sepoltura La Pieve  teatro di un mistero che affonda le radici nel passato
L’area del ritrovamento dello scheletro: in zona non sono stati riscontrati segni di aree di sepoltura La Pieve teatro di un mistero che affonda le radici nel passato

È riaffiorato dalla terra movimentata durante gli scavi attorno alla Pieve. Inizialmente lo scheletro recuperato a Pisogne sembrava quello che si definisce un ritrovamento di routine, considerato che attorno ai luoghi di culto fino all’istituzione dei cimiteri veniva data sepoltura ai morti. MA CON L’INCEDERE degli accertamenti il mistero si è fatto più fitto al punto da trasformare l’episodio in un vero e proprio «cold case». Lo scheletro si trovava a un paio di metri di profondità, era rannicchiato in posizione fetale: una posizione in contrasto con il culto funerario del Medioevo, epoca a cui gli esperti della Soprintendenza avrebbero inizialmente fatto risalire le spoglie. Attorno non sono spuntate altre sepolture, circostanza che rafforza l’ipotesi di un decesso violento, un omicidio o un incidente. Non si può escludere che i resti appartengano a una persona morta di stenti o malattia. Il corpo non sarebbe stato tumulato, ma semplicemente abbandonato sul terreno. L’effetto della decomposizione avrebbe poi fatto scivolare lentamente le ossa nella terra. Quasi sicuramente si tratta di un individuo di sesso maschile alto almeno un metro e settanta centimetri. Come si diceva lo scheletro è venuto alla luce a Pisogne, in zona Pieve, durante gli scavi in un cantiere edile. L'area in questione si trova nelle vicinanze della Chiesa di Santa Maria in Silvis, le cui fondamenta risalgono al nono secolo, famosa anche per la presenza di una fonte battesimale del primo secolo dopo Cristo. Proprio per questo, per la sua valenza storico artistica, prima di partire con il cantiere, la Sovrintendenza ai Beni Archeologici di Brescia aveva chiesto all'impresa di effettuare alcuni sondaggi nel terreno, per verificare la presenza o meno di manufatti, strutture o, per l'appunto, sepolture. Le ossa, in realtà un teschio ben definito ed alcuni arti, sono stati trovati proprio durante l'ultimo di questi scavi di verifica: con esse, è stata rintracciata anche una fibbia in ferro: un reperto che potrebbe risultare determinante nella datazione della morte della persona. I resti sono stati quindi trasportati in città per essere sottoposti ad ulteriori verifiche, che serviranno a capire da quanto tempo si trovavano sottoterra. È il classico mistero storico: chi era quella persona? Come è finita sottoterra? La posizione fetale non spiegherebbe la sepoltura, che normalmente prevedeva una posizione supina. Le risposte dovrebbero arrivare a breve dalla Sovrintendenza. Nell'attesa, il cantiere non è stato fermato, e a giorni riprenderanno i lavori per la costruzione di una palazzina. Sullo sfondo si stagliano tuttavia scenari alternativi evocati da esperti di storia locale e ricercatori della bassa Valcamonica. IL CADAVERE POTREBBE risalire ad una delle epidemie che hanno coinvolto anche l’entroterra del Sebino, ma le prescrizioni dell’epoca erano rigorose nell’imporre sepolture in fosse comuni come quella ritrovata una ventina di anni fa al confine tra il Sebino e la Bergamasca. Non può essere escluso a priori che i resti appartengano a un pellegrino o un mendicante che popolavano i luoghi di culto medievali. Altri azzardano che si tratti di uno degli undici dispersi dell’alluvione di settanta anni fa. La risposta al mistero di Pisogne è affidata alla Soprintendenza. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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