Rifiuti alla Bonfadina, il Tar ha detto «sì»

di Cinzia Reboni
La superficie della cava Bertola-Bonfadina vista dall’alto
La superficie della cava Bertola-Bonfadina vista dall’alto
La superficie della cava Bertola-Bonfadina vista dall’alto
La superficie della cava Bertola-Bonfadina vista dall’alto

L'area è già soffocata dall'inquinamento e subirà le conseguenze negative del nuovo impianto. Ma la circostanza non è di per sé sufficiente a bocciare il progetto, né ad imporre la Valutazione di impatto ambientale. CON UNA MOTIVAZIONE destinata a far discutere, il Tar ha respinto la richiesta di Legambiente Lombardia di annullare l’autorizzazione della Provincia all'impianto di trattamento rifiuti proposto in località Bertola-Bonfadina a Cazzago dalla società Bettoni. Nell’area di 21 mila metri quadrati verranno trattate 180 mila tonnellate all’anno di macerie edilizie, ma anche terre e miscele bituminose. Fermare l'impianto perchè previsto in un contesto già ambientalmente degradato, per il Tar, sarebbe «in conflitto con il principio di proporzionalità, perchè scaricherebbe su una nuova attività economica gli oneri e la responsabilità dell’inquinamento provocato in precedenza da altri fattori stressanti». Il principale inquinante generato dal nuovo impianto è costituito dalle polveri, ma il problema - secondo il Tar - «può essere affrontato con i dispersori d’acqua, gli irrigatori mobili, il cannone nebulizzatore, e la periodica bagnatura e pulizia dei piazzali e delle aree di manovra». Altra fonte di problemi è il traffico, ma «tenendo conto di quello normalmente presente sulla Sp51, l’incremento di 10 veicoli l’ora può essere considerato trascurabile», mentre l’impatto acustico sarà ridimensionato «con l’introduzione nel progetto di barriere antirumore». DA SOTTOLINEARE invece come Ats abbia modificato il suo parere rispetto al passato, per esempio nel procedimento relativo alla discarica in località Boscostella a Paderno Franciacorta e Castegnato. «All’interno del medesimo ambito territoriale - evidenzia il Tar - l’autorità responsabile della salute pubblica ha ritenuto di abbandonare l’opzione di vietare ogni nuovo insediamento ad alto impatto ambientale, passando ad una valutazione “caso per caso“, basata sulla stima del contributo inquinante marginale dell'impresa che si candida ad avviare una nuova attività produttiva». LA SENTENZA del Tar non soddisfa Legambiente, che si riserva di ricorrere al Consiglio di Stato. «Questa vicenda dimostra ancora una volta che, quando ad approvare questo tipo di impianti sono in primis i Comuni che li ospitano, tutto diventa più difficile - sostiene dopo la sentenza il presidente del Circolo Legambiente Franciacorta, Silvio Parzanini -. Nonostante tante belle parole sulla difesa e la valorizzazione del territorio, e l’approvazione del Piano territoriale di coordinamento in vigore da due anni, nulla è davvero cambiato». Oltre a Legambiente, il nuovo impianto di Cazzago è stato sempre osteggiato anche dal Consorzio di tutela Franciacorta Docg, che vede il rischio di vedere vanificati gli investimenti per la diffusione della coltura biologica. •

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