Stalker
«incendiario»,
scatta la condanna

di Mario Pari
Condanna a due anni e otto mesi, in abbreviato, per un 36enne
Condanna a due anni e otto mesi, in abbreviato, per un 36enne
Condanna a due anni e otto mesi, in abbreviato, per un 36enne
Condanna a due anni e otto mesi, in abbreviato, per un 36enne

Una condanna, in abbreviato, a due anni e otto mesi per reati che vanno dallo stalking, agli incendi, ai danneggiamenti.


LA CONDANNA è stata inflitta a un 36enne nato a Cremona e residente a Lodi. Le indagini sono state condotte dai carabinieri di Cremona e hanno portato fino alla provincia di Brescia in seguito ad altri incendi che si erano sviluppati nel Cremonese. All’origine dei gesti del 36enne ci sarebbero rancori con una ex. Una relazione piuttosto breve, a quanto si è appreso, ma che aveva lasciato degli strascichi decisamente pesanti. Alla donna, a Monticelli Brusati, era stata incendiata l’auto, una Fiat Panda, ed era emerso che nei giorni precedenti la vittima dell’attentato incendiario, aveva sporto denuncia per atti persecutori. Una situazione molto pesante quindi per la proprietaria della Panda incendiata che, a quanto si è appreso, era rimasta solo per due settimane con chi è poi è stato accusato di stalking e degli altri reati. Ma a quanto pare, l’uomo non si rassegnava alla fine della pur breve relazione. Nei suoi confronti, il pm Marzia Aliatis aveva chiesto una condanna a tre anni. Sull’auto finita al centro delle indagini, come quella utilizzata per gli incendi dolosi, era stata trovata una tanica contenente residui di un liquido infiammabile. Nelle indagini avevano poi ricoperto un ruolo rilevante le immagini dei sistemi di videosorveglianza. Questo con particolare riferimento a Rovato, dove l’auto su cui viaggiava il 36enne con un bresciano anch’egli indagato, venne ripresa.


I FATTI RISALGONO all’estate scorsa e le indagini sono state particolarmente veloci. Anche da un punto di vista giudiziario il procedimento è giunto alla sentenza di primo grado in tempi brevi. Situazioni, queste in cui la celerità investigativa ricopre un ruolo determinante per evitare che tutto possa degenerare in modo irreversibile. Un’ipotesi questa che non si è mai configurata sotto il profilo investigativo. Ma, secondo quanto emerso non sono mancati i momenti in cui la tensione è stata particolarmente alta. Una vicenda in cui si è trattato, inoltre di fare i conti con un’irruzione sul luogo di lavoro della vittima. Ora non resta che attendere le motivazioni della sentenza per conoscere quali sono state le ragioni che hanno indotto il giudice a infliggere la condanna a due anni e otto mesi. Una condanna a una pena ridotta di un terzo in ragione del rito abbreviato con cui il processo è stato celebrato.


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