la riserva naturale

Torbiere del Sebino: ora l’avvelenamento da rifiuti non ha più segreti

di Cinzia Reboni
La relazione conclusiva al termine di 70 ore di calcolo con algoritmi di elaborazione immagini
In un’immagine scattata dal drone e rielaborata al computer dagli esperti la zona delle Torbiere monitorata dall’Arpa di Brescia guidata dal direttore Fabio Cambielli
In un’immagine scattata dal drone e rielaborata al computer dagli esperti la zona delle Torbiere monitorata dall’Arpa di Brescia guidata dal direttore Fabio Cambielli
In un’immagine scattata dal drone e rielaborata al computer dagli esperti la zona delle Torbiere monitorata dall’Arpa di Brescia guidata dal direttore Fabio Cambielli
In un’immagine scattata dal drone e rielaborata al computer dagli esperti la zona delle Torbiere monitorata dall’Arpa di Brescia guidata dal direttore Fabio Cambielli

Plastica, gomma, vetro, legno, ferro. Persino il relitto di una vecchia barca affondata. La massa informe che sta soffocando le Torbiere ora non ha più segreti. L’imponente monitoraggio fotografico e aerofotogrammetrico che ha impegnato l’Arpa per tre mesi si è concluso. Dalla rielaborazione delle immagini emerge che una crosta di rifiuti ha coperto i fondali del lago d'Iseo, in località Lamette nella riserva naturale. Le scorie, ormai sedimentate, sono state individuate attraverso un'operazione che rientra nei programmi di controllo dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, diventata prioritaria anche in seguito ad un esposto presentato dal Circolo Legambiente Franciacorta. Un monitoraggio ipertecnologico, quello condotto da Arpa, con oltre diecimila foto scattate da un drone che a fine gennaio ha perlustrato per 31 volte le acque del Sebino, sorvolando da circa 25 metri di quota un'area di 500 mila metri quadrati. Le immagini acquisite, in alta risoluzione, «consentono di individuare, mediante la funzione zoom, la localizzazione dei singoli rifiuti abbandonati, ai fini della loro rimozione – spiega il direttore di Arpa Brescia, Fabio Cambielli -. Lo scopo dell'operazione è duplice: innanzi tutto accertare la natura dei rifiuti abbandonati, quindi indicare con precisione la posizione esatta, necessaria per chi dovrà farsi carico di rimuoverli. La zona “perlustrata” dal drone è talmente vasta che è praticamente impossibile quantificare il volume dei rifiuti, che peraltro sono localizzati a macchia di leopardo». La massa di scorie sta infatti soffocando una delle zone umide più pregiate e delicate d’Europa, in un'area della Riserva circondata dai canneti che va da Sassabanek a Clusane. Sono proprio i canneti a fare da «pettine», trattenendo rifiuti di ogni tipo, che arrivano dal lago e dal fiume Oglio. «In casi come questo - precisa Cambielli -, il drone è l’unico modo per fotografare con precisione il “campionario” di rifiuti che si vede sott'acqua, che denuncia una situazione di degrado».

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Ultimata la perlustrazione dal cielo, «si è passati all'elaborazione delle immagini – spiega Cambielli -: un lavoro altrettanto complesso, tanto che sono state necessarie 70 ore di calcolo complessivo, con algoritmi di elaborazione immagini». Il tutto è stato svolto dal personale dell'unità operativa Earth Observation della Direzione tecnico-scientifica di Arpa con il Dipartimento di Brescia. La relazione conclusiva è stata inviata agli assessorati Ambiente e Agricoltura di Regione Lombardia, all'Autorità di bacino del lago d'Iseo, alla Provincia, al Comune di Provaglio d'Iseo e all'Ente per la gestione della riserva delle Torbiere, che in qualche modo dovranno farsi carico di risolvere il problema della discarica sommersa. Che va rimossa in tempi brevi per non compromettere in modo permanente l’ecosistema di uno dei tesori naturalistici più pregiati della provincia. Intanto, nei giorni scorsi è stata convocata una riunione tra Regione Lombardia, Arpa e Autorità di bacino del lago d'Iseo per studiare le modalità di rimozione della montagna di plastica e gomma trovata sul fondo del Sebino nell'ottobre del 2019, quando durante un'immersione tra Tavernola Bergamasca e Predore, i sub dei carabinieri di Genova avevano scoperto sul fondale scarti di lavorazione industriale, depositati nel corso degli anni. Un «blocco» di rifiuti pericolosi alto 40 metri e largo 10 che deve essere recuperato e smaltito nelle apposite sedi. Nel dicembre scorso la Regione Lombardia aveva messo a disposizione 60 mila euro, su due annualità, per impostare un piano di indagine ambientale, eseguire i monitoraggi e le analisi, valutare una possibile modalità di gestione dei rifiuti, minimizzando i rischi per l'ambiente acquatico e la fauna ittica.•.

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