Torbiere, dopo il
rogo la Riserva
è «guarita»

di Alessandro Romele
L’effetto del rogo divampato un anno fa nella zona delle LametteUna panoramica della parte di Riserva che era andata in fumo
L’effetto del rogo divampato un anno fa nella zona delle LametteUna panoramica della parte di Riserva che era andata in fumo
L’effetto del rogo divampato un anno fa nella zona delle LametteUna panoramica della parte di Riserva che era andata in fumo
L’effetto del rogo divampato un anno fa nella zona delle LametteUna panoramica della parte di Riserva che era andata in fumo

C’era poco da celebrare, per la Riserva naturale delle Torbiere del Sebino; ma da ricordare questo sì. Un anno fa un incendio di vaste proporzioni aveva devastato le Lamette, ovvero la fascia a lago dell’area protetta, attraversando la zona interessata dalla nidificazione del raro airone rosso. Le fiamme avevano divorato 15mila metri quadrati di canneto surriscaldando in modo gravissimo il terreno emerso sottostante. ERANO state spente con grande fatica dai Vigili del fuoco, allertati dagli automobilisti che in transito sulla provinciale avevano notato il rogo: i militi erano arrivati da Brescia, Palazzolo e Sale Marasino, e solo dopo diverse ore erano riusciti ad avere la meglio sul fuoco, fortunatamente non alimentato dal vento e «fermato» parzialmente dai canali. Pochi giorni più tardi, il Comitato tecnico scientifico della Riserva, dopo diversi soppralluoghi, aveva steso una relazione in cui veniva analizzato l’impatto del rogo su flora e fauna, promettendo di controllare attentamente la situazione nelle stagioni a venire. I risultati? «A 365 giorni di distanza - commenta Paolo Trotti, ornitologo e componente del Comitato col botanico Glauco Patera e l’ittiologo Marco Mancini - si può dire che la macrofauna, pesci e volatili, non ha subito danni. Gli uccelli, gli aironi per esempio, nidificano ogni anno in zone diverse, quindi il problema non si è posto: non abbiamo notato particolari assenze, sia in acqua sia nel cielo». Dal punto di vista botanico, l’incendio paradossalmente avrebbe avuto effetti parzialmente interessanti: «È ovvio - continua Trotti - che le fiamme causano problemi seri. Ma il canneto bruciato e quindi raso al suolo ha lasciato spazio ad altre specie delle zone paludose, che proprio per la presenza delle canne non si sviluppavano: cariceti e cladieti, per esempio, in quest’ultimo anno sono riusciti a crescere, e non succedeva da tempo». «Bruciare è comunque dannoso per l’ambiente - chiude l’ornitologo -. Oggi è chiaro che le sostanze rilasciate da un rogo, la cenere e il fumo, influiscono negativamente soprattutto sulla fauna ittica». •

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