Bar e locali montani in cerca di una deroga

È tornata un po’ di serenità nell’animo dei ristoratori e dei baristi che lavorano nelle località marittime; ma anche di quelli che, operando nelle città e nei paesi, hanno la possibilità di gestire spazi più o meno significativi all’aperto. La svolta è arrivata col decreto sulle riaperture approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 21 aprile, che consente di effettuare servizio ai tavoli all’aperto fino alle 22. Non va altrettanto bene alle attività presenti nelle località turistiche montane della Valcamonica, perché qua e là c’è ancora la neve, e in generale le temperature non consentono di ospitare clienti in spazi non chiusi. Le difficoltà degli operatori valligiani in quota sono state sottolineate ufficialmente dal presidente della Comunità montana, Alessandro Bonomelli, che dopo aver consultato i sindaci del territorio ha deciso di rivolgersi al ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, per presentargli il problema. «La sola ristorazione all’aperto penalizza fortemente il territorio - ricorda Bonomelli -, perché le nostre attività si trovano in località montane e la sera è quasi impossibile stare all’aperto per cenare; inoltre molti esercizi non dispongono di spazi esterni. Questo decreto danneggerà le piccole attività che sono la spina dorsale del turismo locale, le strutture agrituristiche, i centri benessere e i piccoli alberghi a conduzione familiare». Il presidente comunitario ha messo al corrente della sua iniziativa anche l’Unione nazionale comuni comunità ed enti montani (Uncem), e attende da Garavaglia una deroga al decreto per i territori della montagna.•. L.Ran.

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