Bonifica ex Selca, la polemica si impenna e rafforza la paura

L’ex Selca ancora al centro delle polemiche per la bonifica
L’ex Selca ancora al centro delle polemiche per la bonifica
L’ex Selca ancora al centro delle polemiche per la bonifica
L’ex Selca ancora al centro delle polemiche per la bonifica

Lino Febbrari Se ne parla da quasi un decennio. Da quando la Selca, azienda basata a Forno Allione, in comune di Berzo Demo, che recuperava scorie di alluminio per trattarle e poi rimetterle sul mercato, nel giugno del 2010 ha chiuso i battenti per fallimento. IN PARTICOLARE a tenere banco nelle discussioni dei politici locali, regionali e nazionali (e a preoccupare non poco chi vive in quella zona) è la montagna di rifiuti pericolosi (circa 40mila metri cubi contenti residui di cianuri e fluoruri) stivati in grossi sacconi nei vetusti capannoni o coperti da teli plastici nei piazzali: fino al 2016, prima dell’intervento sommario di messa in sicurezza, giacevano esposti alle intemperie e perciò dilavati dalle piogge. Lo scorso anno il Comune di Berzo Demo ha acquisito l’area all’asta fallimentare a costo zero con l’obbiettivo di riqualificare tutto il sito, abbattendo i vecchi capannoni, realizzandone di nuovi, insieme alle infrastrutture necessarie, per poi affittarli per un lungo periodo tramite un apposito bando. Che è stato aggiudicato alla Lucchini RS. Non appena rimessa a nuovo l’area, per vent’anni l’azienda di Lovere dovrà garantire il posto di lavoro a minimo 90 persone/anno. E la bonifica? Una sentenza del Consiglio di stato ha stabilito che non toccherà né ai vecchi proprietari (assolti dall’accusa di traffico di rifiuti) e neppure al curatore. A farsi carico del risanamento e messa in sicurezza sarà l’ente pubblico. «Quindi tutto ricadrà sulle tasche dei cittadini e non ci sono garanzie sulle operazioni di messa in sicurezza - attacca il consigliere regionale del MoVimento 5 Stelle, Ferdinando Alberti replicando alla riposta di Regione Lombardia alla sua interrogazione sulla bonifica e riconversione dell’area ex Selca -. Questo perché i nuovi proprietari dell’area non sono tenuti allo smaltimento dei rifiuti. Continua a ripetersi lo stesso scenario - aggiunge -: qui in Lombardia chi inquina non paga mai! In un modo o nell’altro i privati responsabili di danni ambientali la fanno sempre franca e inoltre non mettono neanche un euro quando c’è da riparare». Alberti punta l’indice anche su come verrà attuato l’intervento «riparatorio». In pratica i rifiuti pericolosi saranno «sepolti» in un bacino di contenimento (la stessa operazione fatta anni fa da Ucar Carbon in una scarpata proprio dietro gli attuali capannoni Selca) in un terreno distante alcune centinaia di metri ad uso commerciale/industriale di proprietà comunale. LA SOLUZIONE meno onerosa, secondo fonti comunali, circa 24 milioni di euro comprese demolizioni e nuove costruzioni, perché solo trasportare l’ingente quantitativo di rifiuti in una discarica autorizzata all’estero sarebbe costato più di 20 milioni. «Quindi ad oggi non saranno smaltiti ma semplicemente spostati in un altro luogo, che magari rischia di diventare a sua volta contaminato – conclude Alberti -. Mi auguro che non sia questa la “soluzione” prevista da Regione Lombardia. Non sappiamo perché e con quali criteri sia stata scelta quella zona. Insomma, è sempre la stessa storia: i privati fanno i danni, non pagano, i cittadini svuotano le loro tasche per bonificare e sistemare tutto e poi i benefici per un altro privato. Un mondo alla rovescia!». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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