Due medaglie d’oro agli «schiavi» di Hitler

di Luciano Ranzanici
L’alpino Antonio Gheza Il dalignese Antonio RossiFurono oltre 2mila i soldati camuni internati nei campi di prigionia
L’alpino Antonio Gheza Il dalignese Antonio RossiFurono oltre 2mila i soldati camuni internati nei campi di prigionia
L’alpino Antonio Gheza Il dalignese Antonio RossiFurono oltre 2mila i soldati camuni internati nei campi di prigionia
L’alpino Antonio Gheza Il dalignese Antonio RossiFurono oltre 2mila i soldati camuni internati nei campi di prigionia

Palazzo Broletto a Brescia aprirà lunedì le sue eleganti sale per la cerimonia nel corso della quale il prefetto Attilio Visconti consegnerà le medaglie d’onore agli ex militari bresciani (o ai loro famigliari) che furono internati nei lager nazisti dopo l’8 settembre, oltre 600mila soldati italiani catturati, rastrellati e deportati dai tedeschi nei giorni successivi alla proclamazione dell’armistizio l’8 settembre 1943. LA VALLE CAMONICA in questa particolare celebrazione è da tempo protagonista perchè sono ben 32 i camuni su 43 in totale insigniti del riconoscimento. Ma fra di loro è sempre più esigua la pattuglia dei viventi, rimasti solamente in due, Antonio Gheza, nato a Borno l’8 dicenbre 1924 ed Antonio Rossi di Ponte di Legno, che ha visto i natali nel paese dell’alta valle il 5 maggio 1923. Gheza, vedovo e che nella vita ha lavorato come minatore, boscaiolo ed infine come dipendente dell’Anas, è accudito dall’agosto dello scorso anno dalla Rsa di Piamborno Fondazione Giovannina Rizzieri. Soldato di leva dichiarato abile dal distretto militare di Brescia e messo in congedo illimitato provvisorio, per lui il richiamo alle armi arrivò il 20 agosto 1943, inquadrato nello storico 5° alpini Edolo di stanza in paese. Nemmeno il tempo di capire dove era finito che il giovane Antonio Gheza, un mese dopo, appena diciannovenne, in seguito all’armistizio dell’8 settembre venne catturato dai tedeschi ed internato in un campo di prigionia in Germania, da dove potè rimpatriare due anni più tardi, il 2 settembre 1945. Antonio Rossi che risiede a Ponte di Legno con la moglie Rina Bosio ed è stato titolare di un’impresa edile in paese, faceva invece parte del 4° Reggimento telegrafisti di Bolzano e partì militare il 6 gennaio 1943. Catturato dai tedeschi venne tradotto nel lager di Krems, dove restò rinchiuso da settembre a dicembre e successivamente trasferito a Linz nel Kommando di lavoro C1158 fino al maggio del 1945. Il telegrafista dalignese fu costretto al lavoro coatto ed in considerazione delle sue capacità e competenze fu adibito nell’ambito delle costruzioni edili e subito dopo impiegato in una miniera di bauxite. LA VITA nel campo era durissima e come ricorda lo stesso Rossi, i prigionieri dovevano cavarsela con un po’ di pane e zuppe di rapa. L’allora ventiduenne Antonio Rossi tornò in Italia attraverso il confine del Passo del Brennero il 15 maggio 1945, dopo che dieci giorni prima era stato liberato nel campo di concentramento dai soldati dell’esercito americano. Antonio Gheza sarà accompagnato in prefettura a Brescia dai famigliari e dal sindaco di Piancogno Francesco Sangalli, mentre Antonio Rossi riceverà la medaglia d’onore affiancato dalla moglie Rina e dalla figlia Paola e dal primo cittadino Ivan Faustinelli. Il riconoscimento che viene assegnato annualmente in Prefettura è stato reso possibile per gli ex internati della valle grazie al grande e certosino lavoro di consultazione effettuato dalla sezione di Valle Camonica dell’Associazione nazionale ex internati. In particolare il presidente Carlo Elio Simoncini, il tesoriere Silvano De Pari e gli altri volontari dell’Anei valligiana da oltre due anni sono impegnati in lunghe ricerche nei faldoni presenti nell’Archivio di Stato di Brescia per rintracciare i fogli matricolari e le altre notizie sugli ex internati camuni. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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