Il comparto alberghiero dell’alta Valle è prossimo al collasso. Dopo aver chiuso le strutture l’8 marzo, più di due mesi, gli operatori ancora non sanno quando e come potranno riaprirle. E soprattutto sono alle prese con una situazione insostenibile dal punto di vista finanziario, malgrado i ripetuti annunci di contributi da parte del Governo. «CHIEDIAMO un aiuto concreto perché altrimenti non riusciremo ad andare avanti - afferma afflitto Alessandro Guerini presidente dell’Associazione albergatori Alta Vallecamonica - Il momento di incertezza e preoccupazione che stiamo vivendo non ci permette neppure di pensare a quello che sarà il nostro futuro. Oltre al sostegno chiediamo informazioni puntuali e dettagliate , perché ad oggi regna sovrana solo la confusione». L’associazione presieduta da Guerini raggruppa una quarantina di attività da Vezza a Ponte che complessivamente danno lavoro a circa 600 persone. «Parecchie purtroppo sono in grave difficoltà - aggiunge - perché nonostante la chiusura le spese da pagare sono molte e la liquidità scarseggia. Per molti è impossibile accedere al credito, soprattutto a causa di una burocrazia pazzesca». La stagione estiva è ormai alle porte e le prospettive non sono decisamente delle migliori. «L’estate per tutti noi rappresenta un grande enigma - sostiene Guerini - . Sicuramente la gente ha voglia di viaggiare e di andare in vacanza, ma questa incertezza, questa assenza di protocolli, non sapere cosa succederà domani, fa si che tutti abbiano paura. Quindi, prima di prenotare, i potenziali clienti vogliono vedere cosa succederà e intanto le nostre attività languono rischiando il naufragio». Quanto al prossimo inverno la speranza è che vengano riaperte le frontiere perché la maggior parte della clientela alberghiera del territorio arriva dall’estero. «Durante la stagione invernale il comprensorio lavora per l’ottanta per cento con clientela internazionale e un 20 per cento di italiani - conferma il presidente - Con la sola clientela nazionale non è assolutamente pensabile di poter sostenere gli oneri di tutto il periodo». L’ALTRO GROSSO problema che fa titubare anche quanti sarebbero intenzionati a riaprire pur con le limitazioni imposte, è il fatto che l’Inail ha reso il Covid un infortunio su lavoro. «Perciò per noi albergatori e per tutti i datori di lavoro è un’ulteriore, grossa complicazione: dovremo rispondere penalmente e civilmente se un nostro dipendente sarà contagiato. Vorrei capire come potremo stabilire se si sarà ammalato sul luogo di lavoro o andando a fare la spesa. Sicuramente le nostre strutture adotteranno tutte le misure che ci verranno indicate – prosegue - da mascherine, guanti, gel e sanificazioni. Però la questione delle eventuali responsabilità è davvero insostenibile. In una situazione di pandemia dire che uno si è ammalato lavorando, mi sembra una cosa troppo tirata. Non è plausibile per un’azienda andare incontro a un rischio così elevato. Se non interverrà in qualche modo lo Stato, molti probabilmente preferiranno tener chiuso». Per fortuna qualcosa pare si stia muovendo a livello promozionale. «Dobbiamo ringraziare il Consorzio Pontedilegno Tonale che sta organizzando una campagna marketing per l’estate e Visit Brescia e Bresciatourism, nella persona dell’amministratore delegato Graziano Pennacchio - conclude Guerini - che stanno cercando pure loro di proporre iniziative mirate per contribuire a risollevare tutto il territorio bresciano». • © RIPRODUZIONE RISERVATA